Caffè e cellulite
Se avete un problema di ristagno di liquidi localizzato, durante la doccia, potete sottoporvi ad un ottimo trattamento.
I fondi di caffè estratti, massaggiati delicatamente e a lungo sulle zone colpite da liquidi stagnanti, rilasciano caffeina, che può penetrare nei tessuti attraverso i pori dilatati dal calore.
La caffeina ha ottime proprietà antiedematose e può aiutare a mobilizzare i liquidi.
Per le più scettiche riportiamo anche una spiegazione davvero interessante e molto più tecnica di queste proprietà.
Dal momento che la cellulite è legata a problemi circolatori, con essudazione di liquidi negli interstizi, isolamento degli adipociti con interruzione degli scambi metabolici, è opportuno intervenire con un’azione drenante e disintossicante per districare le fibre collagene che soffocano gli adipociti.
E’ a questo proposito che risulta utile l?applicazione cosmetica della caffeina per la sua capacità di stimolare il drenaggio e la rimozione dei liquidi stagnanti (funzione antiedematosa), anche se la principale azione della molecola è quella di stimolare la mobilizzazione degli acidi grassi nel tessuto adiposo.
L’uso topico della caffeina non comporta ad oggi controindicazioni, poiché l?assorbimento transdermico non mostra concentrazioni ematiche tali da indurre effetti sistemici.
L’utilizzo topico della caffeina in ambito cosmetico è indicato per il trattamento della cellulite e delle adiposità localizzate ed è giustificato per gli effetti catabolici sugli adipociti come descritto in precedenza.
La caffeina ha caratteristiche ideali per essere assorbita per applicazione topica.
Usare il caffè per la cura delle piante e per allontanare gli insetti
I fondi di caffè sono degli ottimi fertilizzanti e possono essere utilizzati come concime dato che al loro interno contengono sostanze come calcio, azoto, potassio e magnesio. Basta spargerli nel vaso o impastarli con il terreno. Inoltre sono perfetti per allontanare gli insetti, sono infatti acidi e per questo tengono lontane formiche e lumache. Possono essere sparsi nei punti critici della casa dove solitamente si trovano insetti o utilizzati come pesticidi naturali per le piante.
Vitamina E, caffè e luoghi comuni nemici del fegato
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VIENNA – Vitamina E, caffè e luoghi comuni nemici del fegato: quando si parla di salute i miti da sfatare sono sempre tanti.
E quando si parla di fegato, la prudenza (non) è (mai) troppa. A svelare i segreti della ghiandola più grande del corpo umano ci ha pensato il congresso Easl 2015 che si è svolto nella capitale austriaca venerdì, campagna volta a mettere in risalto l’importanza del fegato, il lavoro che esso svolge e la sua struttura.
I protagonisti di un lavoro presentato al congresso sono proprio loro: la vitamina E e il temutissimo caffè. Attraverso l’analisi dei dati di due studi sperimentali che hanno contrapposto la vitamina E a un placebo in 347 pazienti, si è portata alla luce l’efficacia della vitamina per il trattamento della steatoepatite non alcolica.
A condurre gli studi i ricercatori americani dallo Swedish Medical Center di Seattle, della Johns Hopkins University di Baltimora e della Cleveland Clinic Foundation.
Gli amanti del caffè sono salvi, il nettare del dolce risveglio non fa alcun male al loro fegato. Nicola Caporaso, gastroenterologo dell’Università Federico II di Napoli, scioglie ogni dubbio sottolineando come il caffè prevenga l’evoluzione dell’epatite cronica in cirrosi e riduca il rischio che questa evolva in un tumore.
La bevanda, insomma, non va assolutamente proibita e anzi, assurge al ruolo di alimento benefico al pari del cardo mariano, dei cavoli e di altri vegetali.
Diverso il discorso per vino, birra e superalcolici: in questo caso nessun mito da sfatare, un veleno da cui i malati di fegato devono stare alla larga.
Una dieta varia, nutriente, equilibrata e mista rappresenta la chiave di volta per le malattie epatiche. Niente estremismi, nessuna rinuncia, zero luoghi comuni, possono essere letali.
Il caffè aiuta la memoria: cinque al giorno possono prevenire l’Alzheimer
Uno studio pubblicato dall’Institute for Scientific Information on Coffee (Isic) rivela che la caffeina riduce del 20% rischio di contrarre la patologia
Bere dalle tre alle cinque tazze di caffè al giorno comporta una riduzione fino al 20% del rischio di ammalarsi di Alzheimer. Lo riporta uno studio pubblicato dall’Institute for Scientific Information on Coffee (Isic). Il merito andrebbe attribuito da un lato alla caffeina, che previene la formazione delle placche amiloidi nel cervello, e dall’altro ai polifenoli, che aiutano a ridurre l’infiammazione.
A confermare questi risultati è anche una ricerca condotta da un team di scienziati della Johns Hopkins University coordinato dal dott. Michael Yassa e pubblicata su Nature. Secondo le analisi, la caffeina avrebbe un effetto positivo sulla memoria a lungo termine, riuscendo a rinforzare i ricordi anche a distanza di 24 ore dal consumo. Il dott. Yassa spiega: “l’effetto di potenziamento della memoria era già noto. Noi abbiamo documentato per la prima volta uno specifico effetto sulla riduzione dell'”oblio” a oltre 24 ore di distanza”.
Durante i test, alcuni volontari hanno assunto 200 mg di caffeina. I ricercatori hanno osservato che la sostanza riusciva a “fissare” la memoria e a contrastare l’accumulo nel cervello e nei vasi sanguigni della proteina beta amiloide, responsabile della formazione delle placche amiloidi che incidono in maniera decisiva nell’insorgere dell’Alzheimer.
Un gruppo di ricercatori della University of South Florida ha poi somministrato la caffeina a topi da laboratorio, riscontrando un calo ematico e cerebrale significativo della proteina beta amiloide. L’esperimento, suddiviso in due distinti studi coordinati dal dott.Huntington Potter, valuta l’incidenza preventiva della caffeina sull’Alzheimer al netto di altri fattori come la dieta, l’attività fisica e lo stile di vita. Questo è stato possibile modificando geneticamente i topi da laboratorio, in maniera da renderli soggetti a perdite di memoria simili a quelle riscontrabili nell’Alzheimer, e osservando poi come la caffeina interagiva col loro organismo. I roditori mostravano deficit mnemonici a 18-19 mesi, corrispondenti ai 70 anni nell’uomo.
In futuro si potrebbero testare anche sull’uomo le virtù anti-Alzheimer della caffeina: il National Research Council della National Academy of Sciences ritiene che questa sostanza non dovrebbe essere nociva se assunta in queste quantità moderate. Considerando, ovviamente, le dovute eccezioni come le donne incinte e gli ipertesi, per i quali caffè, tè e affini vanno assunti con parsimonia.
CELLULA
Una delle caratteristiche della caffeina è quella di attraversare con grande facilità le membrane cellulari del nostro organismo; ciò implica che subito dopo averla assunta la caffeina si trova già in ogni singola cellula del corpo.
Quasi nessun medicinale riesce a fare altrettanto, la sua permeabilità è veramente eccezionale.
Fioritura del caffè
La fioritura della pianta del caffè è uno spettacolo meraviglioso.
Basta un forte acquazzone tropicale e due o più volte l’anno, a seconda della varietà, la pianta si copre di una miriade di fiori bianchi, dal profumo delizioso e dolcissimo, come quello del gelsomino.
Dopo 24 ? 36 ore dalla fioritura i petali cadono e inizia a formarsi il frutto del caffè, detto drupa.
Maragogype
I frutti del caffè si chiamano drupe, contengono in genere due chicchi emisferici, assumono colorazioni diverse a seconda del grado di maturazione.
Sono pronti per essere colti circa 6 -8 mesi dalla loro formazione.
Alcune drupe, in particolare quelle alla sommità della pianta contengono un solo chicco di caffè, dalla forma arrotondata; questi particolari chicchi, detti caracolli, sono molto apprezzati e ricercati per le loro caratteristiche di gusto.
Alcune varietà di caffè centro-americane hanno percentuali di caracolli che arrivano al 30%.
Esiste anche una varietà “gigante” di chicco di caffè.
Questa viene detta “chicco elefante” o Maragogype ed è oggetto di particolare selezione.
Si trova, in particolare, in varietà centro-americane di caffè e viene anche utilizzata per incroci volti ad ottenere da alcune piante chicchi di dimensioni più generose.
Ciclo di vita pianta caffè
Il chicco verde di caffè seminato nella terra germina dopo 6 ? 8 settimane. Solo dopo 3 o 4 anni avrete il piacere di vedere fiorire la pianta, e il primo raccolto potrà avvenire soltanto al termine di 4 ? 5 anni.
La pianta del caffè vive 50 anni circa, ma la vita delle piante sfruttate in modo intensivo non supera i 30 anni circa.
Maturazione delle drupe
La pianta del caffè possiede una caratteristica sorprendente: la presenza sullo stesso ramo di fiori e frutti a diverso stadio di maturazione.
Per questo motivo la raccolta manuale, letteralmente bacca per bacca, detta ?picking? è l?unica in grado di garantire una prima selezione delle bacche che porta solo quelle a perfetta maturazione verso i successivi stati di lavorazione.
Il metodo ?picking? è, ovviamente, molto costoso e viene adottato esclusivamente per i caffè di pregio.
CAFFE’ E SALUTE – Il caffè può contribuire al benessere dell’organismo
?Consumato in dosi moderate e con costanza quotidiana, il caffè ha dimostrato di essere un aiuto importante nella prevenzione di patologie metaboliche e neuro degenerative. La sua presenza, quindi, all’ interno della dieta di ogni giorno non solo influenza positivamente la sfera emotiva della persona ma può contribuire al benessere dell?organismo? ha affermato il dottor Andrea Poli, Direttore Scientifico di NFI, Nutrition Foundation of Italy ? il Centro Studi dell?Alimentazione. ?Grazie soprattutto al contenuto naturale in acidi clorogenici, il caffè, anche decaffeinato, è tra le fonti dietetiche più abbondanti di antiossidanti. Il suo consumo permette di assumerne quantità significative, con favorevoli implicazioni sulla nostra salute? ha concluso Andrea Poli.
(FONTE: UFFICIO STAMPA NFI 2008)