L’arbusto del caffè (genere Coffea)
Il caffè è un alberello o un arbusto sempreverde tropicale dalle foglie lucide che appartiene al genere Coffea delle Rubiacae, o Rubiali, una famiglia che è fonte anche di altri potenti agenti farmaceutici, come l’ipecacuana e la chinina.
Molte delle venticinque e passa specie della pianta del caffè crescono allo stato selvatico ai tropici nell’emisfero orientale.
I rami di ciascuna specie presentano piccoli fiori bianchi che profumano come boccioli di gelsomino.
La specie conosciuta e coltivata da più tempo è la Coffea arabica, nativa dell’altopiano etiope. Coltivata oggi soprattutto nell’America del Sud, copre il 75 per cento del consumo mondiale di caffè.
L’altra specie importante sul piano commerciale, la Coffea canephora, della quale le robusta è la varietà principale, forse nativa dell’Uganda e del Congo, è ampiamente coltivata in Africa e nel Magadascar.
Ambedue le specie sono coltivate anche in Asia.
CAFFE’ VERDE – Proprietà
LE PRINCIPALI DIFFERENZE CON IL CAFFE’ CLASSICO.
Il caffè verde crudo, ossia non torrefatto, non possiede il caratteristico colore marrone scuro ma è verde, così come sono i semi al naturale.
Il colore non è però l’unica differenza tra il classico caffè, presente quotidianamente nella nostra dieta, e il caffè verde; il processo di torrefazione , infatti, modifica molte proprietà del seme.
Prima differenza tra tutte è sicuramente la quantità (ma anche la “qualità”) di caffeina contenuta, minore rispetto al caffè tostato, così come è anche diversa la forma in cui questa caffeina si presenta: nel caffè verde, infatti, la caffeina non è libera, bensi legata all’acido clorogenico (un potente antiossidante) con cui forma il clorogenato, da questa caratteristica chimica ne deriva un assorbimento molto più lento da parte delle mucose e un tempo di permanenza nel flusso ematico molto più lungo.
In pratica, assumendo una tazzina di caffè classico, il picco ematico del valore di caffeina si raggiunge in circa mezz’ora e tale quantità viene eliminata in tempi brevi, assumendo invece il caffè verde, l’assorbimento è molto più lento, quindi non si raggiungono picchi ematici molto elevati di caffeina (che però rimane in circolo per molto più tempo e ciò si traduce in un’azione della caffeina che dura più a lungo).
Un’altra differenza è la quantità di polifenoli contenuta nei semi crudi che risulta maggiore rispetto a quella contenuta nel caffè torrefatto, in quanto il processo di tostatura provoca una diminuzione di questi principi attivi, soprattutto dell’acido tannico e dell’acido felurico. Lo stesso discorso vale anche per le vitamine (in prevalenza vitamine del gruppo B) e i sali minerali, che risultano presenti in maggiori quantità nel caffè verde.
Ultima differenza, ma non per importanza, è il pH ossia il valore di acidità/basicità di un alimento: il caffè verde non lavorato ha un valore di pH intorno a 5 mentre il pH del caffè tostato oscilla tra i 3 e 3,5, di conseguenza il valore del caffè verde è molto più vicino alla neutralità (che equivale a 7), e da ciò ne deriva un minore effetto lesivo sulla mucosa gastrica.
I 4 BENEFICI LEGATI ALL’ASSUNZIONE DEL CAFFE’ CRUDO.
Dopo aver esaminato le differenze con il nero soffermiamoci sui risultati di recenti ricerche che hanno dimostrato come questo caffè apporti moltissimi benefici, senza però causare i vari effetti collaterali quali tachicardia, ipertensione o attacchi d’ansia.
In particolare sono 4 i principali benefici legati all’assunzione del caffè verde:
– Metabolismo dei grassi: il caffè verde possiede delle molecole, le metilxantine, che hanno un’azione lipolitica, cioè hanno la funzione di liberare gli adipociti (cellule che contengono i lipidi) dagli acidi grassi; in altre parole sono delle vere e proprie molecole “brucia grassi”; tuttavia questi acidi grassi liberati devono essere metabolizzati dall’organismo, e per fare questo è indispensabile associare un’attività fisica aerobica che metabolizzi al meglio queste sostanze, in caso contrario infatti, l’organismo riporterà gli acidi grassi nuovamente all’interno degli adipociti, vanificando l’azione lipolitica del caffè verde.
– Controllo della Glicemia: grazie al controllo dei livelli di zucchero nel sangue attraverso due meccanismi. L’acido clorogenico, contenuto in grandi quantità nel caffè verde inibisce un enzima chiave del processo di regolazione della glicemia (glucosio 6-fosfatasi) riducendo il processo di trasformazione del glicogeno in glucosio che avviene nel fegato. Nel secondo meccanismo di controllo il caffè verde agisce direttamente sulle cellule della mucosa intestinale, inibisce l’assorbimento intestinale degli zuccheri con un’azione diretta e, in pratica, un minore assorbimento si traduce in un minore valore di glucosio nel sangue. Per questi motivi il caffè verde è un ottimo integratore per persone affette da diabete o da patologie correlate ad alterati livelli di glicemia.
– Azione Antiossidante: la presenza nel caffè verde di molecole antiossidanti, come l’acido tannico e l’acido felurico, contrasta l’azione dei radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento cellulare.
– Azione Antinfiammatoria: l’acido clorogenico viene metabolizzato e trasformato nell’intestino in acido caffeico, una molecola dalla forte attività antinfiammatoria; questa funzione aiuta a contrastare l’insorgenza di molte patologie e di alcuni tumori.
Fonte: http://www.benessere360.com/caffe-verde.html
Gli Antiossidanti del Caffè
Il caffè è una delle fonti alimentari più abbondanti in antiossidanti naturali, una ricchezza che può aiutare a mantenersi in salute.
Gli antiossidanti sono molecole che rallentano o prevengono i danni da radicali liberi. Principali composti ad azione antiossidante sono gli acidi clorogenici che si formano dall’esterificazione di acidi fenolici (acido ferulico e acido caffeico) ed acido chinico.
Nel caffè verde sono molto numerosi e di diversa struttura e i processi di lavorazione normalmente ne riducono considerevolmente la presenza.
Lucaffè applica invece sistemi di lavorazione che riescono a preservare le naturali proprietà del chicco.
IL CAFFE’ E I CINQUE SENSI
Dentro una eccellente tazza di caffè espresso si trovano interi mondi: basta un pò di concentrazione per scoprirli. Degustare, infatti, significa gustare con consapevolezza, integrando piacere sensoriale e godimento intellettuale.
Significa intercettare le sfumature dell’aroma e del gusto, viaggiando con memoria e fantasia.
OLFATTO
Una prima ondata di aromi si sprigiona quando il caffè è attorno agli 80° e viene mescolato per permettere che il profumo, superando lo strato di crema, si diffonda nell’aria. Sono note fresche e leggere di fiori e frutti, dal gelsomino alla mandorla.
Una seconda ondata arriva dopo l’assaggio, quando la percezione retronasale restituisce aromi più decisi come il burro, il pane appena sfornato, il cioccolato. È ciò che nel linguaggio quotidiano chiamiamo “sapore”.
GUSTO
Siamo attorno ai 65°, la temperatura ideale per assaggiare.
È meglio non alterare il gusto con l’aggiunta di zucchero.
Un espresso perfetto ha già il giusto equilibrio di note dolci, amare e acide.
Basta un piccolissimo sorso per apprezzarne la pienezza.
TATTO
Insieme all’aroma, è il “corpo” a distinguere l’espresso da ogni altra preparazione e ad offrire una sensazione piacevole di cremosità e morbidezza, vellutata e carezzevole.
UDITO
Un ottimo espresso spesso viene accostato, per metafora, a un brano musicale, composto di… note aromatiche.
Concentrandosi sulla sensazione interiore dell’armonia, la si può anche sentire e ascoltare: ciascuno scoprirà il proprio tono.
VISTA
Un espresso perfetto si riconosce al primo sguardo.
La tazzina di porcellana bianca incornicia la crema: una trama sottile nei toni del nocciola, percorsa da leggere striature rossastre.
Se la crema è marrone scuro, con un bottone bianco o un buco nero al centro, c’è qualcosa di troppo: il tempo di estrazione troppo lungo, la macinazione troppo fine, oppure temperatura e pressione sono troppo alte.
Se la crema è chiara e inconsistente, è il contrario.
Fonte:http://www.illy.com/wps/wcm/connect/it/caffe/degustazione-caffe
Salute: bere 3 tazze di caffè al giorno può ridurre fino al 40% rischio di carcinoma epatocellulare
Secondo uno studio italiano, pubblicato sulla rivista Clinical Gastroenterology and Hepatology, bere 3 tazze di caffè al giorno può ridurre il rischio di carcinoma epatocellulare, che è il più comune tipo di cancro al fegato, fino al 40%, mentre una ricerca separata indica che questo rischio potrebbe essere addirittura dimezzato. Carlo La Vecchia, dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, ha spiegato: “Le nostre ricerche indicano che il caffè è buono per la salute e particolarmente per il fegato”, aggiungendo: “Gli effetti favorevoli del caffè sul cancro al fegato potrebbero essere mediati dal fatto che il caffè esercita un effetto di prevenzione sul diabete, un fattore di rischio conosciuto per la malattia, oppure per i suoi effetti benefici sulla cirrosi e gli enzimi del fegato”.
LA STORIA
La lunga storia del caffè si può provare a sintetizzare in tre periodi.
Il primo è quello che si sviluppa tra mito e leggenda ed è caratterizzata dalla scoperta del caffè e dall’osservazione degli effetti di questa bacca sugli animali e sugli uomini.
Il secondo periodo segna la conquista del mondo da parte del caffè, diventando oggetto di benevolenze e forti ostilità, che creeranno anche una serie di preconcetti sulla bevanda, spesso ancora difficili da eliminare.
Il terzo periodo, infine, è contraddistinto dalla ricerca scientifica, con numerosi esperimenti realizzati per fare luce sui reali effetti della caffeina.
Una bevanda che ha seguito l’evoluzione dell’uomo, le sue grandi migrazioni, le importazioni di materia prima, le diverse consuetudini di vita.
dal cinema alla letteratura, la tazzina è sempre stata protagonista di mille avventure, presente dove c’erano grandi uomini, ideali e sogni.
QUAL È L’ORA MIGLIORE PER BERE IL CAFFÈ?
La risposta a una domanda che affligge milioni di caffeinomani nel mondo arriva da Steven Miller, neuroscienziato e ricercatore dell?University of the Health Sciences di Bethesda, Maryland (USA). In un post del suo blog ripreso dal sito di Popular Science, Miller spiega che un?attenta scelta del momento del giorno in cui bere caffè ci tutela dallo sviluppare assuefazione ? e dipendenza ? dalla caffeina (così come evitare di assumere antibiotici per un banale raffreddore ci permetterà di combattere con armi più potenti la prossima seria infezione).
Il nostro ritmo circadiano ? il complesso orologio interno che mantiene l?organismo sincronizzato con i ritmi naturali come il susseguirsi del giorno e della notte ? è regolato da gruppi di neuroni specializzati nella struttura cerebrale dell?ipotalamo. Queste cellule nervose controllano funzioni basilari come l?alternanza di sonno e veglia e il rilascio di cortisolo, un ormone che attiva il nostro sistema di allerta (in altre parole, ci ?tiene svegli?).
Questo meccanismo neurale lavora in stretta comunicazione con le cellule fotosensibili della retina. Tra le 8:00 e le 9:00 del mattino, quando siamo investiti dalla prima luce del giorno, il livello di cortisolo nel sangue raggiunge un picco: è il momento in cui siamo (o almeno dovremmo essere) naturalmente più svegli e assumere caffè a quell?ora rischia di sortire un effetto minore e, anzi, di creare assuefazione.
Meglio farlo nella fascia oraria tra le 9:30 e le 11:30 quando il livello di questo ormone cala fisiologicamente, per prepararsi al picco successivo (che avverrà tra le 12:00 e le 13:00).