Il cioccolato light grazie alla fisica
MILANO – Cioccolato light con il 20% di grassi in meno grazie all’aiuto della fisica. Per ottenerlo basta applicare un campo elettrico al prodotto quando è ancora allo stato liquido. In questo modo se ne altera la viscosità riducendo il bisogno di sostanze grasse come il burro di cacao.
Lo dimostra lo studio pubblicato dai fisici della Temple University di Philadelphia sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze, Pnas.
Il cioccolato è uno degli alimenti più apprezzati nel mondo, ma sfortunatamente – scrivono i ricercatori – contiene troppi grassi che aumentano il rischio di obesità.
Sebbene questo problema sia noto da decenni, al momento non sono state trovate soluzioni valide. Due grandi aziende produttrici hanno provato a rimpiazzare il burro di cacao con prodotti sostitutivi. Tutti a ridotto apporto calorico, che però non sono stati autorizzati alla vendita in Canada e nei Paesi dell’Europa occidentale.
Ridurre il contenuto in grassi del cioccolato è un?impresa molto difficile, proprio per la fisica che regola il comportamento delle sospensioni liquide come il cioccolato fuso durante il processo produttivo.
Il 40% di grassi
Composto per il 40% del volume da grassi, il cioccolato nasce dall’unione di cacao, zucchero, solidi del latte e altre particelle che restano sospese nella sostanza grassa liquida come il burro di cacao. Riducendo i grassi, si finisce inevitabilmente per aumentare la viscosità della miscela favorendo la produzione di grumi.
Per superare questo problema, i fisici guidati da Rongjia Tao hanno pensato di applicare un campo elettrico al flusso di cioccolato liquido. Così si inducono le particelle solide di cacao ad agglomerarsi in modo ordinato in microstrutture affusolate. Queste diminuiscono la viscosità del composto permettendo di ridurre i grassi del 10-20%.
Un metodo innovativo, che secondo gli autori dello studio apre le porte ad una nuova generazione di cioccolato più magro e salutare.
Caffè in capsula “al furano”. I ricercatori: “È cancerogeno”
Il caffè, preso in dosi non eccessive, può essere una bevanda che aiuta il nostro organismo a stare meglio: fa bene al cervello e riduce l’incidenza di malattie neurodegenerative come Parkinson e Alzheimer. È inoltre un buon antiossidante e protegge il fegato.
Bisogna, però, stare attenti a ciò che consumiamo e alle sostanze chimiche che possono essere presenti nei prodotti di uso quotidiano. Alcuni ricercatori dell’ Università di Barcellona, guidati dal professor Javier Santos, hanno effettuato una ricerca sulla presenza di furano nel caffè. Le concentrazioni maggiori di questo composto tossicosono state individuate nel caffè in capsule, tra i 117 e i 244 nanogrammi per millilitro. Nell’espresso sono presenti, invece, tra i 43 e i 146 nanogrammi per millilitro, mentre nel caffè che prepariamo in casa, possiamo trovarne ancora meno: 20-78 ng/ml con quello normale; 14-65 nel decaffeinato. Il livello più basso è stato riscontrato nel caffè solubile: 12-35 ng/ml.
Ma perché il furano è così concentrato nelle capsule di caffè? Questa sostanza organica viene spesso a formarsi nel corso dei trattamenti termici degli alimenti: “La ragione di questi alti livelli”, spiega Santos, “è dovuta al fatto che le capsule, ermeticamente sigillate, impediscono al furano, che è un composto volatile, di disperdersi”.
L’EFSA, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare, ha effettuato una valutazione del rischio del furano per la salute umana, congiuntamente con ONU, FAO e Organizzazione Mondiale della Sanità: la conclusione è che “il margine di esposizione per il furano rivela una preoccupazione per la salute umana”. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), l’ha inserita inoltre nella lista tra le possibili sostanze cancerogene per gli esseri umani.
Finora, i suoi effetti devastanti sono stati studiati pienamente solo sugli animali, ma è evidente che non si tratta di una sostanza benefica: quando associata con altre tossine “come diossine e PCB ” il furano può provocare danni molto seri. Lo ricorda, sul Fatto Quotidiano, Patrizia Gentilini medico oncologo e membro dell’ISDE: “I rischi per la salute correlati all’esposizione a tali agenti sono importanti e purtroppo non del tutto noti: certamente la TCDD ( diossina di Seveso), unitamente ad un furano e al PCB 126 sono cancerogeni certi per l’uomo ad azione multiorgano e correlati in special modo a tumori del sangue, mammella, fegato, polmone. Tuttavia, anche se l’effetto cancerogeno, in particolare per diossina e composti diossino-simili, è stato quello affrontato per primo e quindi più studiato, ciò che oggi emerge con sempre maggiore evidenza per l’insieme di queste molecole è la complessa azione di squilibrio endocrino-immuno-metabolico, per cui l’effetto oncogeno appare essere più una conseguenza, che non una diretta azione.
Anche se i ricercatori spagnoli hanno stabilito che la quantità di furano presente nel caffè non supera i limiti di legge, occorre fare sempre attenzione. Il rischio, infatti, è quello del bioaccumulo e cioè quel processo di accumulazione costante di sostanze tossiche, che possono persistere nel nostro organismo anche a livelli superiori rispetto a quelli dell’ambiente circostante.
Pochi mesi fa, ad esempio, abbiamo visto come i furani e altre sostanze tossiche (Pcb, pesticidi e ftalati) abbiano provocato non pochi danni alle donne che facevano uso di alcuni particolari tipi di cosmetici: tra i problemi di salute più gravi, l’incidenza di alcune forme tumorali e la menopausa precoce. L’ultima rilevazione su questa sostanza effettuata dall’EFSA ne ha mostrato la presenza “in vari alimenti trattati termicamente, in particolare caffè e prodotti in scatola, compresi gli alimenti in vasetti per l’infanzia”.
Raddoppia l’export di caffè torrefatto italiano
I primi a occuparsi di analisi sensoriale del caffè in tazza e a formare specialisti in tutto il mondo sono stati i fondatori dell’Istituto internazionale assaggiatori del caffè di Brescia: hanno patentato più di 9000 iscritti, provenienti da oltre 40 paesi diversi. Punto di riferimento per baristi, aziende e torrefattori, dal 1993 l’ istituto ha sviluppato un preciso metodo di assaggio per l’ Espresso, creando corsi ad hoc per la certificazione degli operatori che lavorano nei bar. Ha anche avviato Master in analisi sensoriale e scienza del caffè, fornendo agli iscritti quell’ insieme di tecniche e procedimenti per misurare attraverso i sensi quanto viene percepito.
I segreti del caffè in 25 ml
Sulla qualità e la preparazione dell’eccellenza made in Italy vigila l’ Istituto nazionale Espresso italiano . A un perfetto assaggiatore bastano 25 millilitri di caffè in una tazzina per spingersi in valutazioni dettagliate, passando dalla tessitura alla tostatura dei chicchi (roasting), rilevando in un sorso note di cacao, di frutta, di cioccolato, di vaniglia o di pan tostato: è possibile individuare fino 40 elementi diversi. E sviluppare così le informazioni raccolte, rilevando i profili di monorigini e miscele, con riferimenti anche alla geografia e alla filiera di produzione.
L’Istituto internazionale degli assaggiatori forma specialisti nel mondo
L’ Iiac conta trentuno le filiali all’estero, di cui alcune in Asia (Tokio, Seul, Taiwan): “Queste aree trainano oggi tutto il mercato del caffè, e sono quelle in cui si moltiplicano i canali di distribuzione del prodotto”, spiega Carlo Odello, consigliere di amministrazione dell’ istituto. E’ in partenza per la Thailandia dove, in 4 giorni, formerà i dipendenti di un’ azienda che distribuisce macchinari per la preparazione del caffé. Nel 2016 gli specialisti dell’ Istituto internazionale bresciano saranno in Vermont, su invito della prestigiosa Specialty coffee association of America, per dare lezioni di Espresso italiano. Del resto negli Stati Uniti 103 milioni di persone bevono caffè ogni giorno.
Consumatori esigenti e responsabili
Il boom dell’intero comparto è determinato anche da una domanda sempre più sofisticata e dalla maggiore consapevolezza dei consumatori, interessati alla provenienza, alla lavorazione, alla torrefazione e alla macinatura dell’Espresso italiano. In Italia sono coinvolte nel settore, a livello produttivo, 700 aziende e oltre 7.000 gli addetti. E’ di circa 3,4mld di euro il valore complessivo della produzione: quasi la metà si riferisce all’esportazione. Siamo il terzo Paese nel mondo per l’importazione di caffè verde (dietro a Usa e Germania) e il secondo in Europa (dopo la Germania) sia per i volumi totali di produzione sia per quelli di esportazione e consumo di caffè torrefatto. Nel retail il mercato è concentrato intorno ai leader nazionali, Lavazza, Nestlé/Nescafé/Nespresso, Mondelez Italia, Kimbo, Segafredo Zanetti, Illy.
Cresce l’import dall’Indonesia
Quattro quinti delle nostre importazioni provengono da Brasile, Vietnam, India, Indonesia e Uganda. Nell’ultimo anno c’è stato un consistente incremento dall’Indonesia, che ha ottenuto quote di mercato mai raggiunte prima e consolida la sua posizione di quarto principale fornitore del nostro mercato, come riportato in un’analisi di Marco Emanuele Muraca, contenuta nell’ultimo Annuario Coffitalia.
L’export del caffè torrefatto italiano raddoppia
Le esportazioni di caffé torrefatto crescono del 10%: negli ultimi 10 anni sono più che raddoppiatate. Rappresentano il vero volano di crescita dell’industria italiana del caffè. I Paesi comunitari assorbono più del 70% (Francia, Germania e Austria), il resto a Stati Uniti, Australia e Federazione Russa. Recente lo sbocco su Europa Orientale, Emirati Arabi Uniti e in Cina, paesi tradizionalmente non abituati alla bevanda nera.
In Finlandia i consumi maggiori
Sui mercati mondiali il caffè pesa come il petrolio e l’acciaio. L’economia di molti paesi (Brasile, Vietnam, Colombia, Indonesia, Etiopia) dipende interamente dalle esportazioni dell’oro verde. La produzione complessiva è di 6,8 milioni di tonnellate, 115 milioni di sacchi, di cui tra i 77 e i 92 milioni destinati all’esportazione. Quasi il 70% della produzione è costituita dalla qualità Arabica, mentre la Robusta rappresenta il 30%. I consumi mondiali pro-capite superano di poco i 4 kg annui, ma arrivano a 5,20 in alcune aree d’Europa. La Germania sfiora gli 8 kg , mentre il Portogallo si ferma a 2,37 kg. In Finlandia numeri più alti: con 11,4 kg a testa risulta la nazione che registra i maggiori consumi.
COFFEE MENU’
Lucaffè ha creato la carta dei caffè, una proposta di miscele e monorigini pregiate per conferire gusti, sapori e aromi diversi e inimitabili.
Questi caffè sono racchiusi in cialde ecologiche per consentire al ristoratore di proporre una carta dei caffè di qualità senza la necessità di utilizzare macinini.
Andiamole a vedere una per una:
– Jamaica Blue Mountain –
Questo caffè è il più pregiato del mondo. I suoi chicchi prima di essere tostati sono di colore verdeazzurro e trasportati in piccoli barili di legno. Viene prodotto a 2000 m. nell?isola di Giamaica. Il suo equilibrio è perfetto, sia nel corpo, sia nell?aroma, nel profumo e nell?acidità.
Il gusto persistente si sviluppa nel palato.
Il caffè Jamaica Blue Mountain è la illustre varietà di caffè gourmet del mondo.
Jamaica Blue Mountain da piantagioni coltivate su terreno vulcanico fino ia duemila metri d?altitudine. I preziosi chicchi del caffè Jamaica Blue Mountain di colore verde-azzurro sono conservati nei tradizionali barili di legno di quercia, proprio come i pregiati rum dei Caraibi.
Nella degustazione di questo eccezionale caffè liquoroso troviamo tracce che ricordano proprio il rum, ma anche note di vaniglia, mandorle, pistacchi e sentori di tabacco e cioccolato.
Insuperabile per completezza e equilibrio degli aromi.
– Colombia –
Caffè di qualità arabica, Gusto dolce tendente al cioccolatoso, corpo medio, profumo straordinario, acidità abbastanza intensa tipica del centro America, fanno di questo caffè uno dei componenti più usati nelle miscele di caffè più pregiate per espresso.
Caffè di qualità arabica, di cui la Colombia è il secondo produttore mondiale. Gusto dolce tendente al cioccolatoso, corpo medio, profumo straordinario, acidità abbastanza intensa tipica del centro America, fanno di questo caffè uno dei componenti più usati nelle miscele di caffè più pregiate per espresso.
La Colombia è il secondo produttore di caffè Arabica al mondo, con una produzione mondiale di circa 8 milioni di sacchi.
La Colombia ha 2 raccolti quello principale che va da Aprile a Giugno e quello secondario che va Ottobre a Gennaio.
Tutto il caffè colombiano è caratterizzato da un colore verdastro, da un sapore tendente al mandorlato con un aroma deciso, corpo ricco e acidità medio alta.
– Blucaffè –
Questa miscela racchiude il massimo della passione, del gusto e dei segreti di Gian Luca Venturelli e del suo team. L?espresso per noi, oltre che un piacere, deve creare un?emozione e un buon ricordo, da riprovare ogni volta che si desidera.
– 100% Arabica –
Miscela di caffè arabica proveniente dal sud America, dall?Asia ed una piccola percentuale dal centro Africa. Probabilmente nessuna arabica bevuta singolarmente può dare gli stessi risultati. Corpo medio, gusto dolce, aroma molto gradevole che a volte ricorda il pane appena sfornato. Appena macinato il profumo è inebriante.
– Miscela Classica Lucaffè –
Questa qualità consigliata per chi ama l?espresso nel meglio delle sue caratteristiche, è una miscela di eccellenti caffè arabica con una piccolissima aggiunta di invidiabili qualità di robusta.
Gusto dolce, corpo generoso e morbido, crema mediamente densa, aroma eccellente. Dopo averlo bevuto oltre a sentirsi meglio sarete appagati per aver bevuto un buon caffè.
– Pulcinella – Pulcinella Energy Coffee
Grazie ad un particolare innesto tra pregiate piante di caffè è nato Pulcinella, un caffè energizzante ricco di caffeina, ma che conserva delle spiccate note cioccolatose.
Un vero e proprio energy coffee 100% naturale, ideale per chi vuole affrontare la giornata con una carica in più
Exquisit
Il nome stesso del prodotto descrive appieno le sue caratteristiche: una miscela tra eccellenze di caffè arabica e una piccola percentuale delle migliori robuste, che rende il caffè dolce e delicato. Una tenztazione a cui abbandonarsi ogni giorno.
– Caffè Verde – Green coffee
Dopo accurate prove, Lucaffè è riuscito a produrre questa cialda di caffè verde in percentuale quasi del 25% (il caffè non tostato risulta di per sé particolarmente astringente e non tutti sarebbero in grado di apprezzarlo).
Il caffè verde contiene preziosi elementi, come l?acido cl0rogenico, l?acido tannico, l?acido felurico (potenti antiossidanti) vitamine, minerali e polifenoli
I 4 i principali benefici legati all’assunzione del caffè verde sono:
– Metabolismo dei grassi:
– Controllo della Glicemia:
– Azione Antiossidante
– Azione Antinfiammatoria.
Studi scientifici hanno dimostrato che dopo ogni consumo la pressione sistolica del sangue e l?elasticità arteriale si erano ridotte sensibilmente, senza alcun cambiamento nel consumo energetico. Questi risultati suggeriscono che il caffè verde possa giocare un ruolo benefico nel ridurre i fattori di rischio cardiovascolare. Insomma un caffè che finalmente fa bene alla salute..
Il caffè verde contiene preziosi elementi, come l?acido clarogenico, l?acido quinico, le vitamine minerali e i polifenoli. Soprattutto questi ultimi, i polifenoli, sono importanti nel nostro organismo in quanto, una volta assimilati, interagiscono con la nostra biochimica attivando e regolando numerosi aspetti funzionali, che includono anche il sistema cardiovascolare.
– Decaffeinato 100% Arabica –
Miscela di caffè arabica decaffeinata, attraverso un processo assolutamente naturale, delle qualità più dolci e cremose per dare la soddisfazione di bere un ottimo espresso senza avere gli effetti indesiderati della caffeina.
Gusto molto dolce, corpo pieno, ottima crema, aroma molto piacevole.
– Nocciola –
Miscela selezionata di caffè aromatizzao alla nocciola
Differenza tra le cialde da caffè Lucaffé e le capsule
LA MATERIA
– la capsula è un involucro di plastica o di alluminio.
– La cialda da caffè invece è un involucro di carta ed è costituita di cellulosa, quindi non è nociva.
LA PRODUZIONE
– le capsule contengono il caffè all?interno di un packaging di plastica o alluminio
– le cialde da caffè sono confezionate in atmosfera protettiva con carta bio.
IMPATTO AMBIENTALE
– le capsule non sono reciclabili perchè sono bi-compomenti tra alluminio e caffè
– le cialde da caffè per caffè sono composte da due fogli di carta e quindi possono essere composte nell?umido.
Vogliamo consigliarvi la scelta delle cialde da caffè Lucaffè che sanno regalare alla vostra quotidianeità la giusta qualità del caffè.
Il caffè non cambia il ritmo del cuore e lo protegge
MILANO – Smentita una delle più diffuse credenze sul caffè: non porta a battiti cardiaci «extra», garantiscono i ricercatori dell’Università della California a San Francisco (Usa).
Lo studio, che si è concentrato sul consumo costante di prodotti contenenti caffeina per un periodo di 12 mesi, e non sul consumo acuto, cioè concentrato in un determinato momento, appare sul Journal of American Heart Association.
È il più grande fino a oggi ad aver messo in correlazione le abitudini alimentari con il tasso di questo disturbo cardiaco. Eccessive contrazioni atriali premature (Pac) – ricordano gli esperti – hanno dimostrato di provocare fibrillazione atriale, ictus e morte, mentre eccessive contrazioni ventricolari premature (Pvc) possono portare a un aumento dell’insufficienza cardiaca, a malattia coronarica, con conseguenze anche qui mortali.
Entrambe le anomalie sono state legate al consumo di caffeina attraverso studi e sperimentazioni, ma questi studi sono stati effettuati diversi decenni fa e non consideravano i disturbi in question come outcome primario.
C’è infatti una recente e crescente evidenza che indica potenziali benefici cardiovascolari di diversi prodotti contenenti caffeina, come appunto caffè, cioccolato e tè. Ma l’incertezza clinica porta ancora oggi a sconsigliarne l’abuso, per evitare presunti problemi cardiaci, evidenziano gli autori.
Nel loro studio, hanno analizzato 1.388 partecipanti selezionati in modo casuale dal database Cardiovascular Health Study. Sono state valutate le abitudini alimentari di base ed è stato eseguito un monitoraggio elettrocardiografico ambulatoriale.
Fra i partecipanti, 840 (il 61%) consumavano più di un prodotto contenente caffeina al giorno.
I ricercatori non hanno trovato differenze nel numero di Pac o Pvc collegabili ai livelli di consumo di caffè, tè e cioccolato in questo gruppo, e nemmeno in chi sceglieva più di frequente questi prodotti c’era un’associazione con battiti cardiaci extra.
«Le raccomandazioni cliniche contro il consumo regolare di prodotti contenenti caffeina per prevenire disturbi del ritmo cardiaco dovrebbero essere riconsiderate, dato che potremmo aver scoraggiato senza motivo il consumo di alimenti come il cioccolato, il caffè e il tè, che invece potrebbero avere benefici cardiovascolari», ha sottolineato l’autore senior del lavoro, Gregory Marcus.
La terza onda: il gusto del caffè non sarà più quello di prima?
«Ci prendiamo un caffè al volo?». Quante volte abbiamo scambiato questa frase con colleghi e amici? Per il nostro modo di intendere il caffè, il fatto di bersi una tazzina al bancone in una manciata di secondi è del tutto normale.
Ma esiste un mondo di amanti del caffè per cui una domanda del genere suonerebbe a dir poco strana.
È il popolo della cosiddetta third wave of coffee, letteralmente la ?terza ondata del caffè?, un fenomeno che fa della scura bevanda fumante la protagonista di un?esperienza sensoriale, da vivere con calma e, soprattutto, da valorizzare in tutti i passaggi che portano il chicco di caffè dalla pianta alla tazza.
La third wave of coffee nasce all?inizio del nuovo millennio nei paesi anglosassoni e scandinavi, per arrivare, con l?onda lunga caratteristica di ogni rivoluzione, nelle cucine della Casa Bianca, nei locali hipster di Berlino e nelle carte dei secessionisti caffè viennesi.
Su di essa sono stati scritti articoli, girati documentari e servizi in tv, e oggi l?ondata è arrivata ad affacciarsi timidamente anche nel paese che si considera la patria del buon caffè. L?Italia, appunto.
CHE COS?È E COME NASCE
Una definizione che ben racconta questo nuovo modo di intendere il caffè è riportata sul sito Il caffè espresso italiano:
«I chicchi provengono da fattorie invece che da nazioni, la tostatura serve a tirar fuori i migliori aromi più che a carbonizzare i peggiori e ogni tazzina ha un sapore pulito, duro e puro».
Il termine third wave of coffee fu coniato nel 2002 da Trish Rothgeb, un tostatore norvegese che lo utilizzò in una newsletter destinata all?associazione Speciality Coffee Association of America.
Il termine è nato dalla convinzione che i consumatori di caffè nel Nord Europa e nei paesi anglosassoni siano passati attraverso diverse fasi di approccio alla bevanda.
La prima ondata, caratterizzata da una scarsa attenzione alla qualità, è stata quella dominata dai prodotti solubili: il caffè era un bene di prima necessità, buono per espletare soprattutto la funzione di sveglia mattutina.
Le abitudini dei consumatori sono cambiate con l?avvento delle catene di caffetterie ? Starbucks in primis ? che hanno trasformato l?assunzione di caffè in un?occasione di condivisione: la caffetteria diventa un luogo di incontro, dove si trascorre il tempo libero e anche quello lavorativo, con il caffè come contorno. È la seconda ondata.
Per quanto riguarda la terza ondata, invece, ci troviamo di fronte alla ricerca di un caffè che potremmo definire artigianale sotto ogni punto di vista.
Una rivoluzione che va a investire il sistema caffè in maniera totale, dal produttore al consumatore finale. Tutti i passaggi della filiera sono importanti, a partire dal terroir della zona di produzione fino alla scelta della varietà e dell?eventuale blend, che condiziona a sua volta la tostatura e la preparazione finale.
In questo processo, diventa fondamentale il ruolo delle microroasteries, le torrefazioni che selezionano direttamente i chicchi e si appoggiano alla propria caffetteria, solitamente collegata all?attività.
Cambiano i macchinari e le modalità in cui il caffè viene proposto a un pubblico disposto a pagare un prodotto che racconti una storia. La differenza sta anche nel gusto, diverso a seconda del metodo di estrazione scelto: dal classico espresso fino a modalità nuove o rispolverate dal passato, come chemex, un filtro in vetro e legno in cui il caffè viene estratto per percolazione, french press e syphon.
LA VIA ITALIANA
Sul tema caffè l?Italia è un paese difficile (siamo tutti grandi esperti, no?), come dimostra il polverone mediatico sollevato al solo annuncio dello sbarco di Starbucks a Milano, poi non avvenuto.
Il caffè della third wave è frutto di una scelta consapevole
Ci sono due principali resistenze al nuovo approccio, strettamente collegate. La prima è di natura sociale, e risiede nel fatto che l?assunzione di caffè risponde a precise regole non codificate. Il caffè si beve alla mattina per svegliarsi, al bar per una pausa, dopo pranzo e talvolta anche dopo cena.
In tutte queste occasioni si tratta di un gesto automatico e la miscela è quasi sempre la stessa. Il caffè della third wave è invece il frutto di una scelta consapevole, come la decisione di stappare una determinata bottiglia di vino in una determinata occasione o in abbinamento a una portata e/o a un piatto specifico.
La seconda resistenza è di natura culturale. Nonostante il tessuto capillare di torrefazioni e microtorrefazioni presenti nel nostro paese (ce ne sono circa 800), solitamente rimaniamo legati al caffè che abbiamo sempre consumato, senza sentire il bisogno di sperimentare prodotti diversi. Pur essendo forti consumatori, la conoscenza del mondo del caffè è paradossalmente molto poco diffusa.
Se da un lato stimolare la conoscenza del settore cavalcando la third wave potrebbe portare vantaggi alle torrefazioni locali, dall?altro offrirebbe ai consumatori la possibilità di riappropriarsi di un gesto di natura culturale.
L?atmosfera di condivisione e piacevolezza tipica dei bar italiani ? che d?altro canto aveva ispirato proprio la nascita di Starbucks ? oggi è difficile da assaporare a causa della frenesia che caratterizza le nostre vite. La third wave of coffee potrebbe diventare lo spunto per sperimentare un vecchio-nuovo modo di rilassarsi, di stare insieme, o semplicemente di passare il tempo
Benessere & piacere: le due anime del caffè
MILANO – Si è svolto in caffetteria, e dove altro, da Peck in via Victor Hugo, un’importante riunione sul caffè indetta dal Consorzio Promozione Caffè. Perfetta l’ora scelta per l’incontro con la stampa nazionale: quella del caffè mattutino, tra le 9 e le 10.30. Il tema? Chicchi di benessere, conversazione sul caffè e degustazione sensoriale.
Di che cosa si è parlato? Si è ribadito ai giornalisti che il caffè è un piacere da gustare con tutti i sensi, conviviale e allo stesso tempo intimo e personale, è tradizione ma anche innovazione, è gusto e contemporaneamente beneficio per il nostro organismo.
Il caffè è tutto questo e molto di più. Indubbiamente può essere definito la bevanda nazionale degli Italiani: ben il 96,5% consuma caffè o bevande a base di caffè o che lo contengono, almeno saltuariamente, ha esordito il presidente del Consorzio Promozione Patrick Hoffer.
“Gli amanti del caffè non sempre conoscono i benefici che un consumo corretto ed equilibrato di questa bevanda può apportare al benessere dell’organismo” ha aggiunto Hoffer.
Lo dimostra una ricerca internazionale dell’Institute for Scientific Information on Coffee (ISIC) su 4.000 consumatori in 10 Paesi europei ( http://coffeeandhealth.org/ ): 7 europei su 10 ritengono di seguire uno stile di vita salutare, ma più di metà degli intervistati non conosce quali benefici possano derivare dal consumo di questa bevanda.
“L’alimentazione, i liquidi e l’esercizio fisico sono essenziali per il mantenimento di uno stato di benessere. 400mg di caffeina da varie fonti, l’equivalente di 5 tazzine di caffè al giorno, è coerente con uno stile di vita sano ed equilibrato” ha sottolineato Patrick Hoffer.
Eppure la conoscenza pubblica degli elementi che fanno parte di uno stile di vita sano è limitata e il 76% degli Europei intervistati dall’ISIC ha ammesso di aver bisogno di maggiori informazioni su salute e benessere.
Il caffè è la bevanda più studiata al mondo e i suoi molteplici effetti sull’organismo e le rinnovate scoperte continuano a stupirci.
A questo proposito il professor Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista dell’Università Campus Biomedico di Roma, ha precisato: “Oltre ai ben conoscuti effetti della caffeina contenuta nel caffè sullo stato di vigilanza e concentrazione e sulle performace fisiche (resistenza), tra i vari fronti della ricerca uno certamente molto soprendente è quello relativo al nostro “secondo cervello”, l’iIntestino. Infatti si è scoperto che l’intestino possiede numerosissimi recettori del gusto amaro, che inviano segnali al cervello per ridurre l’appetito e rallentare lo svuotamento gastrico. Il caffe, ricchissimo di sostanze amare, potrebbe rivelarsi anche attraverso questa via un importante alleato della salute”[1].
Su questo tema il professor Piretta ha precisato che “Da alcuni anni la ricerca scientifica ha infatti permesso di scoprire l’esistenza dei recettori del gusto lungo tutto il tratto intestinale e perfino sul pancreas. In particolare sono stati osservati i recettori del gusto dolce, del grasso e del gusto amaro. I recettori del gusto amaro sono decisamente più complessi e articolati, tanto da avere un famiglia di oltre 25 geni deputati alla loro espressione”.
“Recenentemente – ha aggiunto Piretta – si è messa in relazione la stimolazione di questi recettori con la produzione di alcune sostanze (come il GLP-1, Glucagon-Like Peptide-1 e la CCK, colecistochina, ormone gastrointestinale) che notoriamente agiscono a livello del sistema nervoso centrale riducendo l’appetito e a livello gastrico riducendo la velocità del suo svuotamento”.
I benefici del caffè non sono legati strettamente solo ad aspetti salutari e fisiologici, ma rappresentano una fonte di piacere da scoprire quotidianamente. La preparazione e il consumo di caffè regalano un’esperienza multisensoriale che nasce dalla combinazione dei sensi della vista, dell’olfatto, del gusto e del tatto.
L’esperienza è influenzata anche dalla temperatura e dal contesto in cui si consuma il caffè e si propaga fino alla fruizione.
Essa inizia dall?aroma che si sprigiona con l’apertura del contenitore, fino agli stimoli visivi durante la preparazione, inclusi il colore del caffè e la presenza di crema o schiuma.
Probabilmente l’esperienza sensoriale di gustare una tazzina di caffè inizia nel momento in cui entrando in un bar si sente il suono di una macchina da caffè che, come suggerito da recenti ricerche, giocherebbe un ruolo fondamentale nel rapporto giornaliero del cliente con i prodotti, spesso influenzandone i processi cognitivi, le emozioni e il comportamento. Prove aneddotiche suggerirebbero inoltre che la percezione dell’aroma del caffè possa avere un impatto sulla concentrazione, scatenando anche emozioni ed evocando ricordi.
“L’esperienza sensoriale di bere una tazzina di caffè è uno degli aspetti chiave della bevanda e regala aromi, gusti e sapori unici. Il tipo di caffè, il grado di tostatura e il metodo di preparazione influenzano l’esperienza sensoriale del caffè nel suo complesso.
Ma anche altri elementi quali il contesto e il tipo di tazza contribuiscono a influenzare l’esperienza. L’aroma del caffè si sprigiona dai diversi composti volatili prodotti durante la tostatura. I lipidi del caffè, che rappresentano circa il 10% nei chicchi di caffè tostati, contengono la maggior parte del sapore” ha detto Luigi Morello, Responsabile MUMAC Academy.
Un’ampia letteratura scientifica dimostra che il caffè rientra pienamente in uno stile di vita attivo e in un’alimentazione corretta e bilanciata ( http://www.coffeeandhealth.org ).
“Le evidenze scientifiche ad oggi suggeriscono anche che un moderato consumo di caffè per tutta la vita può rallentare il fisiologico declino cognitivo legato all?età, riducendo inoltre il rischio di malattie neurodegenerative (come ad esempio il morbo di Alzheimer e il morbo di Parkinson), il rischio di diabete di tipo 2 e di una serie di malattie del fegato” ha detto Andrea Poli presidente del NFI, Nutrition Fundation of Italy.
Che ha aggiunto: “Sul fronte della ricerca sui tumori, dopo l’ultima revisione IARC – come riportato dall’Institute for Scientific Information on Coffee (ISIC) ? oltre 500 studi epidemiologici in America, Europa e Giappone hanno indagato il possibile legame tra consumo di caffè e rischio di sviluppo del cancro”.
“In particolare – ha concluso l’epidemiologo – , una recente meta-analisi di 40 studi su oltre 2 milioni di partecipanti tra Europa, Nord America e Asia ha evidenziato che il consumo di caffè non è correlato ad un aumento dei rischi di sviluppo di tale malattia e anzi, per alcune tipologie di cancro, il consumo di questa bevanda risulterebbe associato ad una diminuzione del rischio”.
Sono seguiti assaggi di caffè con degustazione sensoriale sensoriale a cura di Luigi Morello.
Usare il caffè per la cura delle piante e per allontanare gli insetti
I fondi di caffè sono degli ottimi fertilizzanti e possono essere utilizzati come concime dato che al loro interno contengono sostanze come calcio, azoto, potassio e magnesio. Basta spargerli nel vaso o impastarli con il terreno. Inoltre sono perfetti per allontanare gli insetti, sono infatti acidi e per questo tengono lontane formiche e lumache. Possono essere sparsi nei punti critici della casa dove solitamente si trovano insetti o utilizzati come pesticidi naturali per le piante.
Vitamina E, caffè e luoghi comuni nemici del fegato
caffè espresso tazzina 4 3
VIENNA – Vitamina E, caffè e luoghi comuni nemici del fegato: quando si parla di salute i miti da sfatare sono sempre tanti.
E quando si parla di fegato, la prudenza (non) è (mai) troppa. A svelare i segreti della ghiandola più grande del corpo umano ci ha pensato il congresso Easl 2015 che si è svolto nella capitale austriaca venerdì, campagna volta a mettere in risalto l’importanza del fegato, il lavoro che esso svolge e la sua struttura.
I protagonisti di un lavoro presentato al congresso sono proprio loro: la vitamina E e il temutissimo caffè. Attraverso l’analisi dei dati di due studi sperimentali che hanno contrapposto la vitamina E a un placebo in 347 pazienti, si è portata alla luce l’efficacia della vitamina per il trattamento della steatoepatite non alcolica.
A condurre gli studi i ricercatori americani dallo Swedish Medical Center di Seattle, della Johns Hopkins University di Baltimora e della Cleveland Clinic Foundation.
Gli amanti del caffè sono salvi, il nettare del dolce risveglio non fa alcun male al loro fegato. Nicola Caporaso, gastroenterologo dell’Università Federico II di Napoli, scioglie ogni dubbio sottolineando come il caffè prevenga l’evoluzione dell’epatite cronica in cirrosi e riduca il rischio che questa evolva in un tumore.
La bevanda, insomma, non va assolutamente proibita e anzi, assurge al ruolo di alimento benefico al pari del cardo mariano, dei cavoli e di altri vegetali.
Diverso il discorso per vino, birra e superalcolici: in questo caso nessun mito da sfatare, un veleno da cui i malati di fegato devono stare alla larga.
Una dieta varia, nutriente, equilibrata e mista rappresenta la chiave di volta per le malattie epatiche. Niente estremismi, nessuna rinuncia, zero luoghi comuni, possono essere letali.