IL CAFFE’ E I CINQUE SENSI
Dentro una eccellente tazza di caffè espresso si trovano interi mondi: basta un pò di concentrazione per scoprirli. Degustare, infatti, significa gustare con consapevolezza, integrando piacere sensoriale e godimento intellettuale.
Significa intercettare le sfumature dell’aroma e del gusto, viaggiando con memoria e fantasia.
OLFATTO
Una prima ondata di aromi si sprigiona quando il caffè è attorno agli 80° e viene mescolato per permettere che il profumo, superando lo strato di crema, si diffonda nell’aria. Sono note fresche e leggere di fiori e frutti, dal gelsomino alla mandorla.
Una seconda ondata arriva dopo l’assaggio, quando la percezione retronasale restituisce aromi più decisi come il burro, il pane appena sfornato, il cioccolato. È ciò che nel linguaggio quotidiano chiamiamo “sapore”.
GUSTO
Siamo attorno ai 65°, la temperatura ideale per assaggiare.
È meglio non alterare il gusto con l’aggiunta di zucchero.
Un espresso perfetto ha già il giusto equilibrio di note dolci, amare e acide.
Basta un piccolissimo sorso per apprezzarne la pienezza.
TATTO
Insieme all’aroma, è il “corpo” a distinguere l’espresso da ogni altra preparazione e ad offrire una sensazione piacevole di cremosità e morbidezza, vellutata e carezzevole.
UDITO
Un ottimo espresso spesso viene accostato, per metafora, a un brano musicale, composto di… note aromatiche.
Concentrandosi sulla sensazione interiore dell’armonia, la si può anche sentire e ascoltare: ciascuno scoprirà il proprio tono.
VISTA
Un espresso perfetto si riconosce al primo sguardo.
La tazzina di porcellana bianca incornicia la crema: una trama sottile nei toni del nocciola, percorsa da leggere striature rossastre.
Se la crema è marrone scuro, con un bottone bianco o un buco nero al centro, c’è qualcosa di troppo: il tempo di estrazione troppo lungo, la macinazione troppo fine, oppure temperatura e pressione sono troppo alte.
Se la crema è chiara e inconsistente, è il contrario.
Fonte:http://www.illy.com/wps/wcm/connect/it/caffe/degustazione-caffe
Salute: bere 3 tazze di caffè al giorno può ridurre fino al 40% rischio di carcinoma epatocellulare
Secondo uno studio italiano, pubblicato sulla rivista Clinical Gastroenterology and Hepatology, bere 3 tazze di caffè al giorno può ridurre il rischio di carcinoma epatocellulare, che è il più comune tipo di cancro al fegato, fino al 40%, mentre una ricerca separata indica che questo rischio potrebbe essere addirittura dimezzato. Carlo La Vecchia, dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, ha spiegato: “Le nostre ricerche indicano che il caffè è buono per la salute e particolarmente per il fegato”, aggiungendo: “Gli effetti favorevoli del caffè sul cancro al fegato potrebbero essere mediati dal fatto che il caffè esercita un effetto di prevenzione sul diabete, un fattore di rischio conosciuto per la malattia, oppure per i suoi effetti benefici sulla cirrosi e gli enzimi del fegato”.
LA STORIA
La lunga storia del caffè si può provare a sintetizzare in tre periodi.
Il primo è quello che si sviluppa tra mito e leggenda ed è caratterizzata dalla scoperta del caffè e dall’osservazione degli effetti di questa bacca sugli animali e sugli uomini.
Il secondo periodo segna la conquista del mondo da parte del caffè, diventando oggetto di benevolenze e forti ostilità, che creeranno anche una serie di preconcetti sulla bevanda, spesso ancora difficili da eliminare.
Il terzo periodo, infine, è contraddistinto dalla ricerca scientifica, con numerosi esperimenti realizzati per fare luce sui reali effetti della caffeina.
Una bevanda che ha seguito l’evoluzione dell’uomo, le sue grandi migrazioni, le importazioni di materia prima, le diverse consuetudini di vita.
dal cinema alla letteratura, la tazzina è sempre stata protagonista di mille avventure, presente dove c’erano grandi uomini, ideali e sogni.
QUAL È L’ORA MIGLIORE PER BERE IL CAFFÈ?
La risposta a una domanda che affligge milioni di caffeinomani nel mondo arriva da Steven Miller, neuroscienziato e ricercatore dell?University of the Health Sciences di Bethesda, Maryland (USA). In un post del suo blog ripreso dal sito di Popular Science, Miller spiega che un?attenta scelta del momento del giorno in cui bere caffè ci tutela dallo sviluppare assuefazione ? e dipendenza ? dalla caffeina (così come evitare di assumere antibiotici per un banale raffreddore ci permetterà di combattere con armi più potenti la prossima seria infezione).
Il nostro ritmo circadiano ? il complesso orologio interno che mantiene l?organismo sincronizzato con i ritmi naturali come il susseguirsi del giorno e della notte ? è regolato da gruppi di neuroni specializzati nella struttura cerebrale dell?ipotalamo. Queste cellule nervose controllano funzioni basilari come l?alternanza di sonno e veglia e il rilascio di cortisolo, un ormone che attiva il nostro sistema di allerta (in altre parole, ci ?tiene svegli?).
Questo meccanismo neurale lavora in stretta comunicazione con le cellule fotosensibili della retina. Tra le 8:00 e le 9:00 del mattino, quando siamo investiti dalla prima luce del giorno, il livello di cortisolo nel sangue raggiunge un picco: è il momento in cui siamo (o almeno dovremmo essere) naturalmente più svegli e assumere caffè a quell?ora rischia di sortire un effetto minore e, anzi, di creare assuefazione.
Meglio farlo nella fascia oraria tra le 9:30 e le 11:30 quando il livello di questo ormone cala fisiologicamente, per prepararsi al picco successivo (che avverrà tra le 12:00 e le 13:00).
CHICCO PER CHICCO ALLA CONQUISTA DEL MONDO
La pianta del caffè cresce nella fascia equatoriale, compresa tra i tropici, dove il clima è umido e la temperatura molto costante.
Se la sua origine si fa risalire alle zone africane dell’Etiopia, oggi è il prodotto simbolo di paesi dell’America Latina come il Brasile e Colombia per la qualità Arabica e dell’Indonesia per la produzione di Robusta.
TRA STORIA E LEGGENDA
Alcuni studiosi affermano che il nome della pianta provenga dal suo luogo d’origine: Kaffa, regione situata nella zona sud-occidentale dell’Etiopia, compresa fra i 1500 e i 2500 metri di altezza sul livello del mare.
Altri, invece, affermano che il nome alla regione fu dato dagli Abissini dopo la conquista, nella seconda metà del XVI secolo.
Questo significherebbe che l’altopiano venne denominato Kaffa quando il caffè era già noto e bevuto in tutto il mondo
Certo che la scoperta del potere eccitante e tonificante delle bacche rosse si perde nella notte dei tempi ed è circondata da numerose leggende. Potrebbe, per esempio, essere caffè quella bevanda amara che, nel libro IV dell’Odissea, Elena aggiunge al vino dei commensali di Menelao “per curare dispiaceri, rancori e memoria dei dolori…” Si potrebbe quindi ipotizzare che il caffè fosse noto non solo in tempi pre-islamici, ma addirittura fin dal periodo pre-cristiano. secondo un racconto yemenita, un pastore un giorno riferì al priore di un monastero dello strano comportamento delle sue capre. I monaci, incuriositi, iniziarono a osservare quegli animali, inconsuetamente vivaci, e notarono la voracità con la quale mangiavano alcune bacche rosse che crescevano su degli arbusti sempreverdi. i frati decisero di raccogliere le bacche per farne un decotto nero e amaro. Iniziarono, così, a farne largo uso per allontanare sonno e stanchezza durante le veglie notturne di preghiera e a considerare quella bevanda un vero e proprio dono di Dio.
Ha carattere divino anche il racconto secondo il quale l’Arcangelo Gabriele scese sulla terra per portare un elisir al profeta Maometto colpito dalla malattia del sonno. La pozione nera fece sì che il profeta recuperasse forza e salute, tanto da disarcionare quaranta cavalieri e soddisfare altrettante donne, dando così inizio alla sua missione terrena nel mondo islamico.
BLUE MOUNTAIN, LUSSO IN TAZZA
Piacere, mito, raro privilegio: il Giamaica Blue Mountain è considerato uno dei migliori caffè al mondo. Offre un’esperienza sensoriale che molti appassionati e curiosi di caffè desiderano fare. Il prezzo per un espresso si può aggirare tra i 4 e i 6 euro. E’ un prodotto da avvicinare lentamente e con attenzione, scoprendone le caratteristiche di aroma e di gusto, meglio se in una sala priva di odori e con un tutor che guidi alla degustazione. La tradizione vuole che sia arrivato in Giamaica nel 1725, inviato dal re Luigi XV di Francia: delle tre piantine ne sopravvisse al viaggio solo una, che fu affidata al governatore sir Nicholas Lawens. Il terreno vulcanico, ricco di nutrienti, e il clima-perlopiù fresco e nebbioso, ma mai freddo- si mostrarono particolarmente favorevoli al suo sviluppo. Nell’area delle Blue Mountain, in una zona tra i 1000 e i 2000 metri delimitata per legge, su una superficie di circa 6000 ettari, oggi si coltiva l’unico caffè che può fregiarsi della denominazione Giamaica Blue Mountain. Il processo di maturazione richiede più di 10 mesi. proprio grazie al lungo processo di maturazione i chicchi di Giamaica Blue Mountain hanno una maggior complessità e concentrazione di sapori. la raccolta avviene tra agosto e settembre, rigorosamente a mano: a intervalli regolari i lavoratori passano tra le piante cogliendo una per una solo le ciliegie giunte alla giusta maturazione. Il caffè verde viene certificato dall’ente di controllo. Il Giamaica Blue Mountain ha un contenuto di caffeina piuttosto basso, l’1,2%: negli arabica varia dallo 0,9 all’1,7%. Veniamo al prodotto in tazza: la crema, spessa, color nocciola, non è molto persistente. Al palato, è gradevolmente acido e dal sentore di cioccolato (da qui la sua fama di caffè “cioccolatoso”). Eccellente l’equilibrio tra i sentori floreali e di miele, di frutta secca e di liquirizia, tabacco, zenzero e tamarindo, insieme a profumi tostati e fruttati. Il gusto è piacevolmente persistente. Un affezionatissimo bevitore di questo caffè a colazione è James Bond. Il suo “creatore”, lo scrittore Ian Fleming, trascorse i suoi ultimi anni in Giamaica. Oltre il 70% della produzione viene spedito in barili di legno. I maggiori consumatori sono i giapponesi: importano l’80% della produzione.
UN CAFFE’ DOLCE PER IL CERVELLO
Chi ha bisogno di dare il massimo in un impegno della mente può bere un caffè con molto zucchero: dopo avere consumato questa bevanda la memoria e l’attenzione migliorano sensibilmente. Lo rivela una ricerca condotta dagli esperti dell’Università di Barcellona, in Spagna, e pubblicata dalla rivista di ricerca medica “Uman Psychopharmacology: Clinical and Expreimental”. Gli scienziati spagnoli hanno studiato le prestazioni del cervello di quattro gruppi di dieci persone ciascuno, misurandone memoria e attenzione dopo avere loro somministrato alcuni alimenti e bevande: ai pazienti del primo gruppo un caffè, a quelli del secondo gruppo un caffè ben zuccherato, a quelli del terzo una zolletta di zucchero e, ai pazienti del quarto gruppo, un po’ d’acqua. I ricercatori hanno così scoperto che le prestazioni della mente migliorano sensibilmente dopo avere bevuto il caffè dolce, mentre la bevanda o lo zucchero da soli non avevano un effetto positivo marcato sul cervello. Soltanto assumendo insieme caffeina e zuccheri, concludono gli esperti, si aiuta davvero la mente.