Differenza tra le cialde da caffè Lucaffé e le capsule
LA MATERIA
– la capsula è un involucro di plastica o di alluminio.
– La cialda da caffè invece è un involucro di carta ed è costituita di cellulosa, quindi non è nociva.
LA PRODUZIONE
– le capsule contengono il caffè all?interno di un packaging di plastica o alluminio
– le cialde da caffè sono confezionate in atmosfera protettiva con carta bio.
IMPATTO AMBIENTALE
– le capsule non sono reciclabili perchè sono bi-compomenti tra alluminio e caffè
– le cialde da caffè per caffè sono composte da due fogli di carta e quindi possono essere composte nell?umido.
Vogliamo consigliarvi la scelta delle cialde da caffè Lucaffè che sanno regalare alla vostra quotidianeità la giusta qualità del caffè.
Il caffè non cambia il ritmo del cuore e lo protegge
MILANO – Smentita una delle più diffuse credenze sul caffè: non porta a battiti cardiaci «extra», garantiscono i ricercatori dell’Università della California a San Francisco (Usa).
Lo studio, che si è concentrato sul consumo costante di prodotti contenenti caffeina per un periodo di 12 mesi, e non sul consumo acuto, cioè concentrato in un determinato momento, appare sul Journal of American Heart Association.
È il più grande fino a oggi ad aver messo in correlazione le abitudini alimentari con il tasso di questo disturbo cardiaco. Eccessive contrazioni atriali premature (Pac) – ricordano gli esperti – hanno dimostrato di provocare fibrillazione atriale, ictus e morte, mentre eccessive contrazioni ventricolari premature (Pvc) possono portare a un aumento dell’insufficienza cardiaca, a malattia coronarica, con conseguenze anche qui mortali.
Entrambe le anomalie sono state legate al consumo di caffeina attraverso studi e sperimentazioni, ma questi studi sono stati effettuati diversi decenni fa e non consideravano i disturbi in question come outcome primario.
C’è infatti una recente e crescente evidenza che indica potenziali benefici cardiovascolari di diversi prodotti contenenti caffeina, come appunto caffè, cioccolato e tè. Ma l’incertezza clinica porta ancora oggi a sconsigliarne l’abuso, per evitare presunti problemi cardiaci, evidenziano gli autori.
Nel loro studio, hanno analizzato 1.388 partecipanti selezionati in modo casuale dal database Cardiovascular Health Study. Sono state valutate le abitudini alimentari di base ed è stato eseguito un monitoraggio elettrocardiografico ambulatoriale.
Fra i partecipanti, 840 (il 61%) consumavano più di un prodotto contenente caffeina al giorno.
I ricercatori non hanno trovato differenze nel numero di Pac o Pvc collegabili ai livelli di consumo di caffè, tè e cioccolato in questo gruppo, e nemmeno in chi sceglieva più di frequente questi prodotti c’era un’associazione con battiti cardiaci extra.
«Le raccomandazioni cliniche contro il consumo regolare di prodotti contenenti caffeina per prevenire disturbi del ritmo cardiaco dovrebbero essere riconsiderate, dato che potremmo aver scoraggiato senza motivo il consumo di alimenti come il cioccolato, il caffè e il tè, che invece potrebbero avere benefici cardiovascolari», ha sottolineato l’autore senior del lavoro, Gregory Marcus.
La terza onda: il gusto del caffè non sarà più quello di prima?
«Ci prendiamo un caffè al volo?». Quante volte abbiamo scambiato questa frase con colleghi e amici? Per il nostro modo di intendere il caffè, il fatto di bersi una tazzina al bancone in una manciata di secondi è del tutto normale.
Ma esiste un mondo di amanti del caffè per cui una domanda del genere suonerebbe a dir poco strana.
È il popolo della cosiddetta third wave of coffee, letteralmente la ?terza ondata del caffè?, un fenomeno che fa della scura bevanda fumante la protagonista di un?esperienza sensoriale, da vivere con calma e, soprattutto, da valorizzare in tutti i passaggi che portano il chicco di caffè dalla pianta alla tazza.
La third wave of coffee nasce all?inizio del nuovo millennio nei paesi anglosassoni e scandinavi, per arrivare, con l?onda lunga caratteristica di ogni rivoluzione, nelle cucine della Casa Bianca, nei locali hipster di Berlino e nelle carte dei secessionisti caffè viennesi.
Su di essa sono stati scritti articoli, girati documentari e servizi in tv, e oggi l?ondata è arrivata ad affacciarsi timidamente anche nel paese che si considera la patria del buon caffè. L?Italia, appunto.
CHE COS?È E COME NASCE
Una definizione che ben racconta questo nuovo modo di intendere il caffè è riportata sul sito Il caffè espresso italiano:
«I chicchi provengono da fattorie invece che da nazioni, la tostatura serve a tirar fuori i migliori aromi più che a carbonizzare i peggiori e ogni tazzina ha un sapore pulito, duro e puro».
Il termine third wave of coffee fu coniato nel 2002 da Trish Rothgeb, un tostatore norvegese che lo utilizzò in una newsletter destinata all?associazione Speciality Coffee Association of America.
Il termine è nato dalla convinzione che i consumatori di caffè nel Nord Europa e nei paesi anglosassoni siano passati attraverso diverse fasi di approccio alla bevanda.
La prima ondata, caratterizzata da una scarsa attenzione alla qualità, è stata quella dominata dai prodotti solubili: il caffè era un bene di prima necessità, buono per espletare soprattutto la funzione di sveglia mattutina.
Le abitudini dei consumatori sono cambiate con l?avvento delle catene di caffetterie ? Starbucks in primis ? che hanno trasformato l?assunzione di caffè in un?occasione di condivisione: la caffetteria diventa un luogo di incontro, dove si trascorre il tempo libero e anche quello lavorativo, con il caffè come contorno. È la seconda ondata.
Per quanto riguarda la terza ondata, invece, ci troviamo di fronte alla ricerca di un caffè che potremmo definire artigianale sotto ogni punto di vista.
Una rivoluzione che va a investire il sistema caffè in maniera totale, dal produttore al consumatore finale. Tutti i passaggi della filiera sono importanti, a partire dal terroir della zona di produzione fino alla scelta della varietà e dell?eventuale blend, che condiziona a sua volta la tostatura e la preparazione finale.
In questo processo, diventa fondamentale il ruolo delle microroasteries, le torrefazioni che selezionano direttamente i chicchi e si appoggiano alla propria caffetteria, solitamente collegata all?attività.
Cambiano i macchinari e le modalità in cui il caffè viene proposto a un pubblico disposto a pagare un prodotto che racconti una storia. La differenza sta anche nel gusto, diverso a seconda del metodo di estrazione scelto: dal classico espresso fino a modalità nuove o rispolverate dal passato, come chemex, un filtro in vetro e legno in cui il caffè viene estratto per percolazione, french press e syphon.
LA VIA ITALIANA
Sul tema caffè l?Italia è un paese difficile (siamo tutti grandi esperti, no?), come dimostra il polverone mediatico sollevato al solo annuncio dello sbarco di Starbucks a Milano, poi non avvenuto.
Il caffè della third wave è frutto di una scelta consapevole
Ci sono due principali resistenze al nuovo approccio, strettamente collegate. La prima è di natura sociale, e risiede nel fatto che l?assunzione di caffè risponde a precise regole non codificate. Il caffè si beve alla mattina per svegliarsi, al bar per una pausa, dopo pranzo e talvolta anche dopo cena.
In tutte queste occasioni si tratta di un gesto automatico e la miscela è quasi sempre la stessa. Il caffè della third wave è invece il frutto di una scelta consapevole, come la decisione di stappare una determinata bottiglia di vino in una determinata occasione o in abbinamento a una portata e/o a un piatto specifico.
La seconda resistenza è di natura culturale. Nonostante il tessuto capillare di torrefazioni e microtorrefazioni presenti nel nostro paese (ce ne sono circa 800), solitamente rimaniamo legati al caffè che abbiamo sempre consumato, senza sentire il bisogno di sperimentare prodotti diversi. Pur essendo forti consumatori, la conoscenza del mondo del caffè è paradossalmente molto poco diffusa.
Se da un lato stimolare la conoscenza del settore cavalcando la third wave potrebbe portare vantaggi alle torrefazioni locali, dall?altro offrirebbe ai consumatori la possibilità di riappropriarsi di un gesto di natura culturale.
L?atmosfera di condivisione e piacevolezza tipica dei bar italiani ? che d?altro canto aveva ispirato proprio la nascita di Starbucks ? oggi è difficile da assaporare a causa della frenesia che caratterizza le nostre vite. La third wave of coffee potrebbe diventare lo spunto per sperimentare un vecchio-nuovo modo di rilassarsi, di stare insieme, o semplicemente di passare il tempo
Benessere & piacere: le due anime del caffè
MILANO – Si è svolto in caffetteria, e dove altro, da Peck in via Victor Hugo, un’importante riunione sul caffè indetta dal Consorzio Promozione Caffè. Perfetta l’ora scelta per l’incontro con la stampa nazionale: quella del caffè mattutino, tra le 9 e le 10.30. Il tema? Chicchi di benessere, conversazione sul caffè e degustazione sensoriale.
Di che cosa si è parlato? Si è ribadito ai giornalisti che il caffè è un piacere da gustare con tutti i sensi, conviviale e allo stesso tempo intimo e personale, è tradizione ma anche innovazione, è gusto e contemporaneamente beneficio per il nostro organismo.
Il caffè è tutto questo e molto di più. Indubbiamente può essere definito la bevanda nazionale degli Italiani: ben il 96,5% consuma caffè o bevande a base di caffè o che lo contengono, almeno saltuariamente, ha esordito il presidente del Consorzio Promozione Patrick Hoffer.
“Gli amanti del caffè non sempre conoscono i benefici che un consumo corretto ed equilibrato di questa bevanda può apportare al benessere dell’organismo” ha aggiunto Hoffer.
Lo dimostra una ricerca internazionale dell’Institute for Scientific Information on Coffee (ISIC) su 4.000 consumatori in 10 Paesi europei ( http://coffeeandhealth.org/ ): 7 europei su 10 ritengono di seguire uno stile di vita salutare, ma più di metà degli intervistati non conosce quali benefici possano derivare dal consumo di questa bevanda.
“L’alimentazione, i liquidi e l’esercizio fisico sono essenziali per il mantenimento di uno stato di benessere. 400mg di caffeina da varie fonti, l’equivalente di 5 tazzine di caffè al giorno, è coerente con uno stile di vita sano ed equilibrato” ha sottolineato Patrick Hoffer.
Eppure la conoscenza pubblica degli elementi che fanno parte di uno stile di vita sano è limitata e il 76% degli Europei intervistati dall’ISIC ha ammesso di aver bisogno di maggiori informazioni su salute e benessere.
Il caffè è la bevanda più studiata al mondo e i suoi molteplici effetti sull’organismo e le rinnovate scoperte continuano a stupirci.
A questo proposito il professor Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista dell’Università Campus Biomedico di Roma, ha precisato: “Oltre ai ben conoscuti effetti della caffeina contenuta nel caffè sullo stato di vigilanza e concentrazione e sulle performace fisiche (resistenza), tra i vari fronti della ricerca uno certamente molto soprendente è quello relativo al nostro “secondo cervello”, l’iIntestino. Infatti si è scoperto che l’intestino possiede numerosissimi recettori del gusto amaro, che inviano segnali al cervello per ridurre l’appetito e rallentare lo svuotamento gastrico. Il caffe, ricchissimo di sostanze amare, potrebbe rivelarsi anche attraverso questa via un importante alleato della salute”[1].
Su questo tema il professor Piretta ha precisato che “Da alcuni anni la ricerca scientifica ha infatti permesso di scoprire l’esistenza dei recettori del gusto lungo tutto il tratto intestinale e perfino sul pancreas. In particolare sono stati osservati i recettori del gusto dolce, del grasso e del gusto amaro. I recettori del gusto amaro sono decisamente più complessi e articolati, tanto da avere un famiglia di oltre 25 geni deputati alla loro espressione”.
“Recenentemente – ha aggiunto Piretta – si è messa in relazione la stimolazione di questi recettori con la produzione di alcune sostanze (come il GLP-1, Glucagon-Like Peptide-1 e la CCK, colecistochina, ormone gastrointestinale) che notoriamente agiscono a livello del sistema nervoso centrale riducendo l’appetito e a livello gastrico riducendo la velocità del suo svuotamento”.
I benefici del caffè non sono legati strettamente solo ad aspetti salutari e fisiologici, ma rappresentano una fonte di piacere da scoprire quotidianamente. La preparazione e il consumo di caffè regalano un’esperienza multisensoriale che nasce dalla combinazione dei sensi della vista, dell’olfatto, del gusto e del tatto.
L’esperienza è influenzata anche dalla temperatura e dal contesto in cui si consuma il caffè e si propaga fino alla fruizione.
Essa inizia dall?aroma che si sprigiona con l’apertura del contenitore, fino agli stimoli visivi durante la preparazione, inclusi il colore del caffè e la presenza di crema o schiuma.
Probabilmente l’esperienza sensoriale di gustare una tazzina di caffè inizia nel momento in cui entrando in un bar si sente il suono di una macchina da caffè che, come suggerito da recenti ricerche, giocherebbe un ruolo fondamentale nel rapporto giornaliero del cliente con i prodotti, spesso influenzandone i processi cognitivi, le emozioni e il comportamento. Prove aneddotiche suggerirebbero inoltre che la percezione dell’aroma del caffè possa avere un impatto sulla concentrazione, scatenando anche emozioni ed evocando ricordi.
“L’esperienza sensoriale di bere una tazzina di caffè è uno degli aspetti chiave della bevanda e regala aromi, gusti e sapori unici. Il tipo di caffè, il grado di tostatura e il metodo di preparazione influenzano l’esperienza sensoriale del caffè nel suo complesso.
Ma anche altri elementi quali il contesto e il tipo di tazza contribuiscono a influenzare l’esperienza. L’aroma del caffè si sprigiona dai diversi composti volatili prodotti durante la tostatura. I lipidi del caffè, che rappresentano circa il 10% nei chicchi di caffè tostati, contengono la maggior parte del sapore” ha detto Luigi Morello, Responsabile MUMAC Academy.
Un’ampia letteratura scientifica dimostra che il caffè rientra pienamente in uno stile di vita attivo e in un’alimentazione corretta e bilanciata ( http://www.coffeeandhealth.org ).
“Le evidenze scientifiche ad oggi suggeriscono anche che un moderato consumo di caffè per tutta la vita può rallentare il fisiologico declino cognitivo legato all?età, riducendo inoltre il rischio di malattie neurodegenerative (come ad esempio il morbo di Alzheimer e il morbo di Parkinson), il rischio di diabete di tipo 2 e di una serie di malattie del fegato” ha detto Andrea Poli presidente del NFI, Nutrition Fundation of Italy.
Che ha aggiunto: “Sul fronte della ricerca sui tumori, dopo l’ultima revisione IARC – come riportato dall’Institute for Scientific Information on Coffee (ISIC) ? oltre 500 studi epidemiologici in America, Europa e Giappone hanno indagato il possibile legame tra consumo di caffè e rischio di sviluppo del cancro”.
“In particolare – ha concluso l’epidemiologo – , una recente meta-analisi di 40 studi su oltre 2 milioni di partecipanti tra Europa, Nord America e Asia ha evidenziato che il consumo di caffè non è correlato ad un aumento dei rischi di sviluppo di tale malattia e anzi, per alcune tipologie di cancro, il consumo di questa bevanda risulterebbe associato ad una diminuzione del rischio”.
Sono seguiti assaggi di caffè con degustazione sensoriale sensoriale a cura di Luigi Morello.
Occhi stanchi dopo il lavoro o la palestra? Basta bere caffè
MILANO – Spesso dopo un lavoro o un esercizio fisico molto intenso anche la vista si affatica. Uno studio internazionale spiega che basta assumere caffè
Uno sforzo fisico intenso non stanca solamente i nostri muscoli, ma anche la vista. In soccorso ai nostri occhi però c?è una bevanda bevutissima in Italia: il caffè. È quello che hanno scoperto ricercatori dell’Università di Auckland, in Nuova Zelanda.
Gli esperti hanno messo sotto osservazione 11 ciclisti professionisti, durante una sessione di cyclette di tre ore. I volontari sono stati divisi in due gruppi: il primo ha consumato una dose di caffeina pari a due tazzine di caffè, mentre il secondo ha bevuto del decaffeinato, ovviamente non sapendolo.
Una volta terminato l’esercizio fisico i ricercatori hanno verificato il movimento dei loro occhi con un sistema usato generalmente dagli oculisti.
I risultati, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, dimostrano che la caffeina migliora l’attività di alcuni neurotrasmettitori – sostanze chimiche che trasmettono i segnali tra una cellula e l’altra del cervello. Lo studio ha scoperto che l’esercizio fisico intenso aveva causato uno squilibrio in questi neurotrasmettitori.
Chi però durante il test aveva assunto caffeina ha però visto il proprio equilibrio restaurato, con conseguente miglioramento dei movimenti degli occhi. Lo stesso effetto non è stato riscontrato tra coloro che aveva bevuto il decaffeinato.
«Questo è il primo studio che dimostra la compromissione del controllo dei movimenti oculari in seguito a un esercizio faticoso – spiega Nicholas Gant, principale autore della ricerca -. Le aree del cervello che elaborano le informazioni visive sono risultate resistenti alla fatica, sono i percorsi neurologici che controllano i movimenti degli occhi che sembrano essere il nostro anello più debole».
«L’uso prolungato del nostro sistema scheletrico muscolare influenza la funzione dei nostri occhi – continua Gant – la caffeina è capace di annullare questo effetto».
Amburgo: vietate tutte le capsule!
BERLINO – Amburgo, la seconda città della Germania, nonché la più ricca e d’avanguardia, dice addio alle capsule per il caffè in plastica, ma anche quelle d’alluminio, anche alle bottiglie di plastica, ai piatti e bicchieri monuso e sostituisce le auto blu con le biciclette di servizio. Un segnale molto forte a tutti i municipi d’Europa e del mondo che riguarda “tutti gli acquisti fatti con denaro pubblico”.
Si tratta di un provvedimento che avrà delle ricadute importanti anche sul consumo del caffè. Naturalmente anche sulle capsule in arrivo dall’Italia e dalla Svizzera.
E, in prospettiva futura, sull’uso della capsula in plastica in generale perché una volta tracciata la strada da una città così grande e importante seguiranno di sicuro altre situazioni analoghe. Che metteranno fuori gioco le capsule di plastica e alluminio.
Con queste nuove misure, la città/regione di Amburgo, 1,8 milioni di abitanti nel nord della Germania, conta di diventare un modello per tutto il Paese, come racconta oggi il quotidiano francese Le Monde.
La città ha adottato una “Guida per l’approvvigionamento ecologico” di 150 pagine, che descrive gli standard che dovranno essere adottati da parte di tutti gli operatori presenti in città.
Finita dunque l’era delle capsule del caffè in tutti gli uffici delle pubbliche amministrazioni, così come piatti e bicchieri di plastica monouso, bottiglie e detergenti a base di cloro.
La delibera raccomanda inoltre l’utilizzo di “biciclette di servizio” anziché automobili e abbonamenti al trasporto pubblico tra i dipendenti, al fine di diffondere una maggior cultura ecologica.
Come spiega Selon Jan Dube, portavoce dell’amministrazione di Amburgo sulle questioni ambientali ed energetiche “queste nuove misure non dovrebbero generare costi aggiuntivi nel medio termine.
Espresso assolto. Si erano sbagliati
MILANO – Dalla tazzina di caffè nessun rischio tumore: oggi la diffusione del documento ufficiale. Sì perché nessun rischio tumore dal caffè: la tazzina è stata assolta da una ventina esperti internazionali che hanno elaborato l’attesissimo parere dello Iarc (l’agenzia internazionale dell’OMS – Organizzazione mondiale della Sanità o WHO ? World Health Organization – secondo la più diffusa sigla in inglese – per la ricerca sul cancro).
Un rapporto molto atteso sia per la diffusione planetaria della bevanda sia anche perché nel 1991 il caffè era stato valutato possibilmente cancerogeno (classificato come 2 b) per il cancro alla vescica. Dopo il nuovo esame, si è appreso, entra nella categoria 3 dove non ci sono evidenze di rischio.
L’esame da parte dello Iarc, ha messo sotto la lente di ingrandimento 500 studi tutti valutati e riconosciuti attendibili scientificamente che hanno permesso di declassare il rischio per la bevanda fra le più amate nel mondo.
Gli studi degli anni ’90 infatti avevano rilevato un rischio maggiore per il tumore alla vescica e il consumo si caffè. Rischio poi non confermato dalle ricerche degli ultimi 25 anni che anzi ne hanno valutato addirittura, come testimoniato dalle pubblicazioni scientifiche, un effetto protettivo su due tumori: quello dell’utero e quello del fegato.
Il parere valuta un consumo medio di 3-4 tazzine al giorno su una popolazione normale, cioè si persone che non soffrono di malattie come la cirrosi. Gli esperti in futuro analizzeranno anche le possibili relazioni fra tè e tumori.
Il cioccolato light grazie alla fisica
MILANO – Cioccolato light con il 20% di grassi in meno grazie all’aiuto della fisica. Per ottenerlo basta applicare un campo elettrico al prodotto quando è ancora allo stato liquido. In questo modo se ne altera la viscosità riducendo il bisogno di sostanze grasse come il burro di cacao.
Lo dimostra lo studio pubblicato dai fisici della Temple University di Philadelphia sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze, Pnas.
Il cioccolato è uno degli alimenti più apprezzati nel mondo, ma sfortunatamente – scrivono i ricercatori – contiene troppi grassi che aumentano il rischio di obesità.
Sebbene questo problema sia noto da decenni, al momento non sono state trovate soluzioni valide. Due grandi aziende produttrici hanno provato a rimpiazzare il burro di cacao con prodotti sostitutivi. Tutti a ridotto apporto calorico, che però non sono stati autorizzati alla vendita in Canada e nei Paesi dell’Europa occidentale.
Ridurre il contenuto in grassi del cioccolato è un?impresa molto difficile, proprio per la fisica che regola il comportamento delle sospensioni liquide come il cioccolato fuso durante il processo produttivo.
Il 40% di grassi
Composto per il 40% del volume da grassi, il cioccolato nasce dall’unione di cacao, zucchero, solidi del latte e altre particelle che restano sospese nella sostanza grassa liquida come il burro di cacao. Riducendo i grassi, si finisce inevitabilmente per aumentare la viscosità della miscela favorendo la produzione di grumi.
Per superare questo problema, i fisici guidati da Rongjia Tao hanno pensato di applicare un campo elettrico al flusso di cioccolato liquido. Così si inducono le particelle solide di cacao ad agglomerarsi in modo ordinato in microstrutture affusolate. Queste diminuiscono la viscosità del composto permettendo di ridurre i grassi del 10-20%.
Un metodo innovativo, che secondo gli autori dello studio apre le porte ad una nuova generazione di cioccolato più magro e salutare.
Caffè e Salute – Il caffè attiva i geni del risveglio?
Anzichè accendere la moka di caffè mentre ci si lava la faccia in bagno, è meglio rimanere in cucina a gustarsi l’aroma che si diffonde nell’aria, perché ci fa svegliare e attiva il nostro cervello più velocemente.
Potrebbe essere la realtà se il cervello dell’uomo avesse comportamenti simili a quello dei topolini.
Spiega Yoshinori Masuo dell’Istituto Nazionale di Scienza e Tecnologia Avanzata di Tsukuba (Giappone), che il profumo del caffè è sufficiente ad attivare un certo numero di geni preposti al risveglio, ottenendo una risposta simile a quella della caffeina presente nel caffé.
Gli esperimenti si sono svolti su 30 topolini: metà sono stati lasciati dormire, agli altri è stato negato il sonno per un’intera notte.
Ad alcuni di questi ultimi poi, è stato fatto odorare l’aroma del caffé. I ricercatori poi, hanno confrontato lo stato di attenzione delle cavie alle quali era stato impedito di dormire e che desideravano tanto farlo, ma che avevano odorato l’aroma del caffè, con quelli che, invece, assonnati anch’essi per non aver dormito, non avevano sentito il profumo.
Lo studio ha permesso di scoprire che nei primi i geni che si risvegliano dopo il sonno avevano un’attività fisiologica molto elevata, simile a quelli dei topolini che avevano dormito del tutto normalmente.
In quelli tenuti svegli, ma senza averli esposti all’aroma del caffè, l’attività dei geni del risveglio era, invece, nulla.
Spiega Masuo: “Al momento nessun esperimento è stato eseguito sull’uomo, ma si apre una strada importante, perché se il cervello umano dovesse reagire come quello dei topolini, è ipotizzabile pensare alla produzione di profumi che tengano viva l’attenzione delle persone che lavorano in luoghi di alta responsabilità”. Come i controllori di volo o gli addetti alle centrali nucleari.
Caffè e cellulite
Se avete un problema di ristagno di liquidi localizzato, durante la doccia, potete sottoporvi ad un ottimo trattamento.
I fondi di caffè estratti, massaggiati delicatamente e a lungo sulle zone colpite da liquidi stagnanti, rilasciano caffeina, che può penetrare nei tessuti attraverso i pori dilatati dal calore.
La caffeina ha ottime proprietà antiedematose e può aiutare a mobilizzare i liquidi.
Per le più scettiche riportiamo anche una spiegazione davvero interessante e molto più tecnica di queste proprietà.
Dal momento che la cellulite è legata a problemi circolatori, con essudazione di liquidi negli interstizi, isolamento degli adipociti con interruzione degli scambi metabolici, è opportuno intervenire con un’azione drenante e disintossicante per districare le fibre collagene che soffocano gli adipociti.
E’ a questo proposito che risulta utile l?applicazione cosmetica della caffeina per la sua capacità di stimolare il drenaggio e la rimozione dei liquidi stagnanti (funzione antiedematosa), anche se la principale azione della molecola è quella di stimolare la mobilizzazione degli acidi grassi nel tessuto adiposo.
L’uso topico della caffeina non comporta ad oggi controindicazioni, poiché l?assorbimento transdermico non mostra concentrazioni ematiche tali da indurre effetti sistemici.
L’utilizzo topico della caffeina in ambito cosmetico è indicato per il trattamento della cellulite e delle adiposità localizzate ed è giustificato per gli effetti catabolici sugli adipociti come descritto in precedenza.
La caffeina ha caratteristiche ideali per essere assorbita per applicazione topica.