Caffè e sensorialità, il percorso di Coffee and health
– Con aroma si definisce un odore, mentre con gusto si definisce la sensazione percepita dalla lingua e descrive note di salinità, dolcezza, asprezza o amarezza. Il sapore è una combinazione di aroma e gusto.
– Nel caffè molti composti volatili sono associati al sapore, di questi una piccola parte è responsabile dell’aroma del caffè.
– Gli esperti definiscono e descrivono l’aroma e il gusto del caffè creando profili che si differenziano per tipo di chicco, posizione geografica, grado di tostatura e metodo di preparazione.
– Bere caffè è un’esperienza multisensoriale influenzata non solo dal tipo di caffè, dal metodo di preparazione e dall’aggiunta di altre sostanze, ma anche dal contesto, il tipo di tazza incluso.
Introduzione:
Milioni di persone in tutto il mondo bevono caffè e i suoi composti sono stati ampiamente studiati. L’esperienza sensoriale di bere una tazzina di caffè è uno degli aspetti chiave della bevanda e regala aromi, gusti e sapori unici. Il tipo di caffè, il grado di tostatura e il metodo di preparazione influenzano l’esperienza sensoriale del caffè nel suo complesso.
Aroma, gusto e sapore:
Aroma, gusto e sapore sono concetti strettamente legati l’un l’altro, sebbene abbiano definizioni ben distinte. L’aroma è descritto come un odore percepito dal naso, a livello retronasale e dalla parte posteriore della bocca dove la cavità nasale e quella orale si uniscono. Il gusto è la sensazione percepita dalla lingua e descrive note di salinità, dolcezza, asprezza, amarezza o umami. Il sapore è descritto come una combinazione di aroma e gusto.
Gusto e aroma sono strettamente legati e sono entrambi percepiti grazie a quei processi delle aree del sistema limbico che partecipano alle emozioni. L’aroma gioca un ruolo particolare nel rievocare pensieri ed emozioni che nascono da esperienze e ricordi precedenti. Gli esperti di analisi sensoriale descrivono il gusto e l’aroma del caffè in maniera molto dettagliata e riescono a distinguere le diverse origini dei chicchi di caffè, il grado di tostatura e i metodi di preparazione.
Aroma e sapore: composizione del caffè
L’aroma è una delle prime sensazioni che si percepiscono quando si prepara o si beve una tazzina di caffè. Eppure, essendo per lo più costituito da “composti volatili” che evaporano facilmente a temperatura ambiente, l’aroma è anche una delle componenti più variabili dell’esperienza sensoriale.
Sono stati individuati circa 850 composti volatili associati al sapore del caffè. Comunque una piccola quantità di essi (circa 40 composti volatili) con soglie olfattive basse e/o concentrazioni alte contribuisce in maniera sostanziale all’aroma.
I principali composti volatili del caffè includono composti carbonilici, solforati, aliciclici aromatici benzenoidi ed eterociclici. L’aroma del caffè si sprigiona dai diversi composti volatili prodotti durante la tostatura.
L’olio di caffè, che rappresenta circa il 10% nei chicchi di caffè tostati, contiene la maggior parte del sapore.
Per tale motivo i chicchi di caffè verde, o i chicchi prima di essere tostati, hanno un profilo aromatico limitato, spesso descritto con note verdi o di muffa.
Eppure i chicchi verdi contengono un gran numero di precursori inclusi zuccheri, altri carboidrati e composti di azoto, che si trasformano in composti aromatici durante il processo di tostatura.
La tostatura innesca nei chicchi una serie di processi chimici facendo sviluppare composti volatili che contribuiscono al profilo aromatico.
Questi processi comprendono la Reazione di Maillard, o imbrunimento non enzimatico (ottenuta dal calore applicato ai composti contenenti azoto e carboidrati), la degradazione di Strecker (ottenuta dall’interazione fra amminoacidi e un composto carbonilico nell’acqua) e la degradazione di amminoacidi individuali, trigonellina, zucchero, acidi fenolici e lipidi.
Descrittori di aroma e sapore:
Il caffè regala una miscela complessa di diversi sapori che insieme producono una serie di esperienze sensoriali. Il profilo sensoriale di una tazza di caffè varia a seconda di diversi fattori: il tipo e la miscela dei chicchi di caffè, la provenienza geografica, il metodo di tostatura e quello di preparazione.
Al variare di uno di questi aspetti varia l’esperienza sensoriale che si ottiene da una tazzina di caffè nel suo complesso sia durante la preparazione che durante il consumo del caffè stesso.
Gli esperti di analisi sensoriale descrivono profili specifici di aroma e sapore per distinguere i diversi tipi di caffè e di tostature. L’aroma e il gusto sono i fattori determinanti per la scelta del caffè.
I descrittori dell’aroma del caffè includono floreale, noci, affumicato, erbaceo, mentre i descrittori del gusto includono acidità, amarezza, dolcezza, salinità e asprezza.
Il grado di tostatura influenza i profili aromatici. La ricerca ha dimostrato che una tostatura più chiara preserva le note di erba e frutta, mentre una tostatura più scura aumenta gli aromi di affumicato e bruciato e riduce l’acidità.
La ricerca in vitro suggerisce che la produzione di saliva può modificare la percezione dell’aroma con dei risultati differenti a seconda del metodo di preparazione. Inoltre qualcuno suggerisce che dei sorsi più grandi di caffè rilascino un aroma più forte.
Interazioni multisensoriali:
La preparazione e il consumo di caffè regalano un’esperienza multisensoriale che nasce dalla combinazione dei sensi della vista, dell’olfatto, del gusto e del tatto.
L’esperienza è influenzata anche dalla temperatura e dal contesto in cui si consuma il caffè.
Raggiungere tutti i sensi:
L’intera esperienza sensoriale va dal momento della preparazione a quello della fruizione.
Essa inizia dall’aroma che si sprigiona con l’apertura del contenitore, fino agli stimoli visivi durante la preparazione inclusi il colore del caffè e la presenza di crema o schiuma di caffè.
Probabilmente l’esperienza sensoriale di gustare una tazzina di caffè inizia nel momento in cui entrando in un negozio di caffè si sente il suono di una macchina del caffè, e la ricerca suggerisce che quel suono gioca un ruolo fondamentale nel rapporto giornaliero del cliente con i prodotti, spesso influenzandone i processi cognitivi, le emozioni e il comportamento.
Infine, sia l’aroma che il gusto del caffè contribuiscono all’esperienza della degustazione. L’aggiunta di latte o zucchero a una tazza di caffè non solo ne altera il sapore ma può anche modificarne l’aroma, come suggerisce una ricerca secondo cui i livelli di aroma si abbassano con l’aggiunta di altre sostanze.
I ricercatori inoltre suggeriscono che il latte omogeneizzato a ridotto contenuto di grassi, con globuli di grasso proporzionalmente più piccoli, può determinare un gusto e un aroma più intensi in confronto al latte intero.
L’aspetto:
L’aspetto visivo del caffè e il modo in cui viene presentato possono giocare un ruolo importante nell’esperienza multisensoriale e possono influenzare la percezione del gusto.
La ricerca suggerisce che il colore della tazza in cui viene servito può influenzare la percezione del gusto del caffè.
Ad esempio è stato dimostrato che una tazza bianca migliora la valutazione dell’intensità del caffè che è stato descritto come meno dolce rispetto al caffè servito in una tazza trasparente o blu.
Un altro studio sull’arte del latte ha rivelato che una forma angolare, rispetto a una forma rotonda, influenza le aspettative della gente riguardo la piacevolezza, l’amarezza e la qualità della bevanda.
L’aumento della consistenza del caffè è stato associato a una riduzione del sapore e dell’aroma del caffè stesso.
Effetti fisiologici dell’aroma:
Prove aneddotiche suggeriscono che la percezione dell’aroma del caffè può avere un impatto sulla concentrazione, sebbene siano necessarie ulteriori ricerche che lo confermino. La ricerca suggerisce comunque che l’aroma può scatenare emozioni ed evocare ricordi. Le ricerche condotte sugli animali suggeriscono che l’aroma dei chicchi di caffè tostati può avere un effetto rilassante sugli animali privati del sonno, ma questo deve ancora essere confermato negli esseri umani.
L’idratazione passa anche da un buon caffè
MILANO – Con l’avvicinarsi della stagione calda ritorna l’attenzione alle necessità di una corretta idratazione dell’organismo. E’ noto che conservare un corretto equilibrio idrico è essenziale per la buona salute, e a questo fine l’assunzione di liquidi deve compensare la perdita di fluidi, così da assicurare un’adeguata idratazione dei tessuti corporei.
Accade così che in questa fase dell’anno riemerga il falso mito della correlazione tra consumo di caffè e disidratazione. Facciamo chiarezza: studi condotti fra il 1997 e il 2005 hanno evidenziato che la caffeina consumata ad alte dosi (pari o superiori a 500 mg), eserciterebbe un modesto effetto diuretico, instaurando un meccanismo di tolleranza tale da ridurre il potenziale diuretico.
Su questo tema si è espressa SISA (Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione), che precisa: “La maggior parte degli studi disponibili sono stati condotti utilizzando caffeina pura al punto da rendere non confrontabili i dati ottenuti con gli studi che somministrano sui soggetti volontari la bevanda caffè”.
“In particolare – prosegue SISA – uno studio[1] pubblicato nel 2000 ha mostrato l’assenza, in partecipanti abituati alla assunzione di caffeina (circa 3 mg/kg/die), di effetti negativi sullo stato di idratazione, tanto da spingere i ricercatori a pronunciarsi circa l’infondatezza del suggerimento di escludere bevande contenenti caffeina dal fabbisogno quotidiano di liquidi”.
Conclude SISAUn secondo e più recente studio[2] – che ha stimato l’acqua totale corporea attraverso il metodo considerato di elezione, attraverso la tecnica della “doubly labelled water diluito” in bevitori abituali di caffè – ha mostrato con molta chiarezza l’inesistenza del rischio di disidratazione in presenza di normali o modeste assunzioni di caffè da parte di consumatori abituali”
Un altro aspetto particolarmente interessante, del quale negli ultimi anni si sono interessati svariati gruppi di ricerca, riguarda l’assunzione di caffè da parte degli sportivi, potenzialmente più a rischio di disidratazione nello svolgimento abituale di sforzi fisici comportanti un’intensa sudorazione e/o in gare di resistenza, spesso in ambienti caldo-umidi.
Anche in questi casi le conclusioni sono state piuttosto concordi: né la caffeina né il caffè come tale hanno dimostrato di esercitare, durante l’esercizio fisico, un’ influenza negativa sull’equilibrio idrico, sul bilancio idroelettrolitico o sulla termoregolazione. In aggiunta a ciò, le esperienze condotte hanno messo in luce, in occasione della interruzione della assunzione di caffè e thè, evidenti effetti negativi sulle prestazioni.
Anche in estate quindi, un’assunzione moderata, pari a 400 mg di caffeina al giorno (circa 4-5 tazzine di caffè), è sicura nella popolazione adulta, parte di una dieta sana ed equilibrata e di uno stile di vita attivo.
Altro che “tazzulella e caffè”, l’Italia si scopre amante del tè
Con proprietà calmanti ed eccitanti insieme il tè sta conquistando anche anche Paesi amanti del caffè come il nostro e, inaspettatamente, anche i giovani e gli uomini, oltre agli chef stellati. Ecco le nuove tendenze secondo il tea master Emmanuel Juneau-Lafond
MILANO – Altro che “tazzulella e caffè”, l”Italia si scopre amante del tè A Milano, alla boutique Dammann Frères (dammann.fr, piazza XXV Aprile), abbiamo incontrato il Tea Master Emmanuel Jumeau-Lafond che ci ha svelato durante una degustazione guidata alcuni punti chiave della cultura del tè in Europa.
Per chi è praticamente a digiuno di cultura del tè, da quali miscele iniziare?
Se si arriva da una conoscenza base data per esempio dai prodotti della grande distribuzione, consiglio di iniziare con del tè nero, oolong, ovvero semiossidato, o del tè aromatizzato. Questo permette di entrare in contatto con qualcosa che si conosce già e con un gusto facilmente comprensibile.
Il tè bianco o verde, invece sono un po’ più sottili da comprendere e quindi è bene assaggiare questi tè e quelli più costosi, con bouquet raffinati, solo quando il palato è stato educato un po’di più. Inoltre visto che può essere disorientante entrare in una boutique dove si trovano centinaia di tè abbiamo creato nei nostri store degli espositori appositi che accolgono i clienti, che possono scoprire alcune delle miscele concretamente, una per una.
Teina nel tè e caffeina nel caffè, come si differenziano e quali effetti hanno sul nostro organismo?
Prima di tutto: teina e caffeina sono la stessa molecola. Nel tè secco c’è più caffeina che nel caffè, ma dentro la tazza di tè alla fine c’è meno caffeina che in un caffè. Questo avviene semplicemente per un fatto di quantità, visto che per preparare una tazza di tè è sufficiente una quantità minore rispetto al caffè.
La caffeina poi viene subito assimilata dallo stomaco e quindi è molto eccitante, ma nel tè c’è anche la teanina che ha proprietà calmanti che rende il tè meno eccitante. Inoltre nel tè troviamo anche i tannini che rallentano l’assimilazione della teina da parte dell’organismo.
C’è differenza nella quantità di caffeina presente fra i diversi tipi di tè?
No, è molto tenue fra tè nero, verde, oolong, mentre nel tè bianco ce ne è meno perché le foglie non sono lavorate, e la teina rimane all’interno della foglia.
Il tè, quali sono le ultime evoluzioni del mercato?
Il volume di tè consumato negli ultimi 10 anni non è cambiato. E in Francia e in Italia ancora si parla di volumi minori rispetto ai Paesi del Nord, ma quelle che sono cambiate sono la spesa e l’attenzione, che sono aumentate. Il consumatore è passato dalla grande distribuzione alle boutique specializzate e va alla ricerca di prodotti particolari, di qualità, perfino personalizzati.
Inoltre quello che è interessante che molti giovani si sono avvicinati al tè, soprattutto con i tè aromatizzati e che grazie anche alla diffusione delle notizie in rete, grazie a siti e blog, si stanno evolvendo anche verso dei tè classici.
Infine una tendenza interessante è che, pur rimanendo fortissimo il consumo di tè da parte femminile, gli uomini, soprattutto giovani, stanno diventando dei consumatori di tè, ancor prima che di caffè.
Tè e abbinamento con il cibo, come si sta evolvendo questa tendenza?
Nel mercato francese questo “matrimonio” avviene già da molto, abbiamo delle partnership con gli chef del gruppo Accor e Pullman, per sviluppare un abbinamento tra cibo e tè per offrire al consumatore la possibilità di non bere vino durante il pasto.
Per esempio il tè Pu Erh sta benissimo con la cacciagione, funghi, formaggi, proprio come un ottimo vino rosso. Il tè verde Sencha Fukuyu oggi è stato abbinato con una tartare di salmone, zenzero e sale affumicato, il Pu Erh mûr Menghaï Tuo Cha con del Castelmagno DOP o l’affumicato Lapsang Souchong con un pinzimonio di cetriolo, il mondo degli abbinamenti è vastissimo e tutto da sperimentare!
Emicrania e caffè: un rimedio antico con solide basi scientifiche
MILANO – Un caffè contro l’emicrania: questo antico rimedio della nonna potrebbe avere solide basi scientifiche. Alle sue radici ci sarebbe infatti all’azione vasocostrittrice, lievemente analgesica, esercitata dal caffè sui vasi sanguigni. Le ricerche sui fattori di rischio per l’emicrania continuano a fornire prove a sostegno della teoria secondo cui i vasi sanguigni cerebrali sarebbero da includere fra gli elementi che entrano in gioco nella genesi di questa forma di mal di testa.
L’ultima in ordine di tempo è stata pubblicata da un consorzio internazionale di ricercatori sulle pagine di Nature Genetics. La ricerca ha portato all’individuazione di almeno 30 nuovi fattori di rischio genetico per l’emicrania. Nove dei quali corrispondono a geni precedentemente coinvolti in alcune patologie vascolari e altri 4 nella regolazione del tono vascolare.
La nuova ricerca ha previsto di combinare i dati provenienti da 22 studi di genomica, per un totale di 375 mila partecipanti di origine europea, americana e australiana, fra cui 60 mila persone affette da emicrania.
Sono state così individuate 38 regioni del genoma associate alla presenza di questa forma di mal di testa. Nella maggior parte dei casi al loro interno sono presenti geni già noti agli scienziati. Solo 10 erano già state associate in passato al rischio di emicrania. “Sono state scoperte decine di nuovi fattori di rischio”. Sottolinea Aarno Palotie, l’esperto a capo del consorzio che ha condotto il nuovo studio. Precisando che ciascuno di questi fattori contribuisce all’aumento del rischio solo in piccola parte.
Secondo John-Anker Zwart, esperto dell’Ospedale Universitario di Oslo coinvolto nella ricerca, l’individuazione di questi fattori di rischio genetico rappresenta “il primo passo concreto verso lo sviluppo di trattamenti personalizzati basati su prove scientifiche” contro l’emicrania.
Un disturbo debilitante che colpisce circa un settimo della popolazione mondiale. I meccanismi sono però ancora poco conosciuti, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di messa a punto di terapie efficaci.
Sottogruppi
“In futuro – auspica Zwart – speriamo che queste informazioni possano essere utilizzate per dividere i pazienti in diversi gruppi di suscettibilità genetica per studi clinici sui farmaci, in modo da aumentare la possibilità di identificare il miglior trattamento specifico per ciascun sottogruppo”.
Il cioccolato light grazie alla fisica
MILANO – Cioccolato light con il 20% di grassi in meno grazie all’aiuto della fisica. Per ottenerlo basta applicare un campo elettrico al prodotto quando è ancora allo stato liquido. In questo modo se ne altera la viscosità riducendo il bisogno di sostanze grasse come il burro di cacao.
Lo dimostra lo studio pubblicato dai fisici della Temple University di Philadelphia sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze, Pnas.
Il cioccolato è uno degli alimenti più apprezzati nel mondo, ma sfortunatamente – scrivono i ricercatori – contiene troppi grassi che aumentano il rischio di obesità.
Sebbene questo problema sia noto da decenni, al momento non sono state trovate soluzioni valide. Due grandi aziende produttrici hanno provato a rimpiazzare il burro di cacao con prodotti sostitutivi. Tutti a ridotto apporto calorico, che però non sono stati autorizzati alla vendita in Canada e nei Paesi dell’Europa occidentale.
Ridurre il contenuto in grassi del cioccolato è un?impresa molto difficile, proprio per la fisica che regola il comportamento delle sospensioni liquide come il cioccolato fuso durante il processo produttivo.
Il 40% di grassi
Composto per il 40% del volume da grassi, il cioccolato nasce dall’unione di cacao, zucchero, solidi del latte e altre particelle che restano sospese nella sostanza grassa liquida come il burro di cacao. Riducendo i grassi, si finisce inevitabilmente per aumentare la viscosità della miscela favorendo la produzione di grumi.
Per superare questo problema, i fisici guidati da Rongjia Tao hanno pensato di applicare un campo elettrico al flusso di cioccolato liquido. Così si inducono le particelle solide di cacao ad agglomerarsi in modo ordinato in microstrutture affusolate. Queste diminuiscono la viscosità del composto permettendo di ridurre i grassi del 10-20%.
Un metodo innovativo, che secondo gli autori dello studio apre le porte ad una nuova generazione di cioccolato più magro e salutare.
Espresso assolto. Si erano sbagliati
MILANO – Dalla tazzina di caffè nessun rischio tumore: oggi la diffusione del documento ufficiale. Sì perché nessun rischio tumore dal caffè: la tazzina è stata assolta da una ventina esperti internazionali che hanno elaborato l’attesissimo parere dello Iarc (l’agenzia internazionale dell’OMS – Organizzazione mondiale della Sanità o WHO ? World Health Organization – secondo la più diffusa sigla in inglese – per la ricerca sul cancro).
Un rapporto molto atteso sia per la diffusione planetaria della bevanda sia anche perché nel 1991 il caffè era stato valutato possibilmente cancerogeno (classificato come 2 b) per il cancro alla vescica. Dopo il nuovo esame, si è appreso, entra nella categoria 3 dove non ci sono evidenze di rischio.
L’esame da parte dello Iarc, ha messo sotto la lente di ingrandimento 500 studi tutti valutati e riconosciuti attendibili scientificamente che hanno permesso di declassare il rischio per la bevanda fra le più amate nel mondo.
Gli studi degli anni ’90 infatti avevano rilevato un rischio maggiore per il tumore alla vescica e il consumo si caffè. Rischio poi non confermato dalle ricerche degli ultimi 25 anni che anzi ne hanno valutato addirittura, come testimoniato dalle pubblicazioni scientifiche, un effetto protettivo su due tumori: quello dell’utero e quello del fegato.
Il parere valuta un consumo medio di 3-4 tazzine al giorno su una popolazione normale, cioè si persone che non soffrono di malattie come la cirrosi. Gli esperti in futuro analizzeranno anche le possibili relazioni fra tè e tumori.
Amburgo: vietate tutte le capsule!
BERLINO – Amburgo, la seconda città della Germania, nonché la più ricca e d’avanguardia, dice addio alle capsule per il caffè in plastica, ma anche quelle d’alluminio, anche alle bottiglie di plastica, ai piatti e bicchieri monuso e sostituisce le auto blu con le biciclette di servizio. Un segnale molto forte a tutti i municipi d’Europa e del mondo che riguarda “tutti gli acquisti fatti con denaro pubblico”.
Si tratta di un provvedimento che avrà delle ricadute importanti anche sul consumo del caffè. Naturalmente anche sulle capsule in arrivo dall’Italia e dalla Svizzera.
E, in prospettiva futura, sull’uso della capsula in plastica in generale perché una volta tracciata la strada da una città così grande e importante seguiranno di sicuro altre situazioni analoghe. Che metteranno fuori gioco le capsule di plastica e alluminio.
Con queste nuove misure, la città/regione di Amburgo, 1,8 milioni di abitanti nel nord della Germania, conta di diventare un modello per tutto il Paese, come racconta oggi il quotidiano francese Le Monde.
La città ha adottato una “Guida per l’approvvigionamento ecologico” di 150 pagine, che descrive gli standard che dovranno essere adottati da parte di tutti gli operatori presenti in città.
Finita dunque l’era delle capsule del caffè in tutti gli uffici delle pubbliche amministrazioni, così come piatti e bicchieri di plastica monouso, bottiglie e detergenti a base di cloro.
La delibera raccomanda inoltre l’utilizzo di “biciclette di servizio” anziché automobili e abbonamenti al trasporto pubblico tra i dipendenti, al fine di diffondere una maggior cultura ecologica.
Come spiega Selon Jan Dube, portavoce dell’amministrazione di Amburgo sulle questioni ambientali ed energetiche “queste nuove misure non dovrebbero generare costi aggiuntivi nel medio termine.
Occhi stanchi dopo il lavoro o la palestra? Basta bere caffè
MILANO – Spesso dopo un lavoro o un esercizio fisico molto intenso anche la vista si affatica. Uno studio internazionale spiega che basta assumere caffè
Uno sforzo fisico intenso non stanca solamente i nostri muscoli, ma anche la vista. In soccorso ai nostri occhi però c?è una bevanda bevutissima in Italia: il caffè. È quello che hanno scoperto ricercatori dell’Università di Auckland, in Nuova Zelanda.
Gli esperti hanno messo sotto osservazione 11 ciclisti professionisti, durante una sessione di cyclette di tre ore. I volontari sono stati divisi in due gruppi: il primo ha consumato una dose di caffeina pari a due tazzine di caffè, mentre il secondo ha bevuto del decaffeinato, ovviamente non sapendolo.
Una volta terminato l’esercizio fisico i ricercatori hanno verificato il movimento dei loro occhi con un sistema usato generalmente dagli oculisti.
I risultati, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, dimostrano che la caffeina migliora l’attività di alcuni neurotrasmettitori – sostanze chimiche che trasmettono i segnali tra una cellula e l’altra del cervello. Lo studio ha scoperto che l’esercizio fisico intenso aveva causato uno squilibrio in questi neurotrasmettitori.
Chi però durante il test aveva assunto caffeina ha però visto il proprio equilibrio restaurato, con conseguente miglioramento dei movimenti degli occhi. Lo stesso effetto non è stato riscontrato tra coloro che aveva bevuto il decaffeinato.
«Questo è il primo studio che dimostra la compromissione del controllo dei movimenti oculari in seguito a un esercizio faticoso – spiega Nicholas Gant, principale autore della ricerca -. Le aree del cervello che elaborano le informazioni visive sono risultate resistenti alla fatica, sono i percorsi neurologici che controllano i movimenti degli occhi che sembrano essere il nostro anello più debole».
«L’uso prolungato del nostro sistema scheletrico muscolare influenza la funzione dei nostri occhi – continua Gant – la caffeina è capace di annullare questo effetto».
Benessere & piacere: le due anime del caffè
MILANO – Si è svolto in caffetteria, e dove altro, da Peck in via Victor Hugo, un’importante riunione sul caffè indetta dal Consorzio Promozione Caffè. Perfetta l’ora scelta per l’incontro con la stampa nazionale: quella del caffè mattutino, tra le 9 e le 10.30. Il tema? Chicchi di benessere, conversazione sul caffè e degustazione sensoriale.
Di che cosa si è parlato? Si è ribadito ai giornalisti che il caffè è un piacere da gustare con tutti i sensi, conviviale e allo stesso tempo intimo e personale, è tradizione ma anche innovazione, è gusto e contemporaneamente beneficio per il nostro organismo.
Il caffè è tutto questo e molto di più. Indubbiamente può essere definito la bevanda nazionale degli Italiani: ben il 96,5% consuma caffè o bevande a base di caffè o che lo contengono, almeno saltuariamente, ha esordito il presidente del Consorzio Promozione Patrick Hoffer.
“Gli amanti del caffè non sempre conoscono i benefici che un consumo corretto ed equilibrato di questa bevanda può apportare al benessere dell’organismo” ha aggiunto Hoffer.
Lo dimostra una ricerca internazionale dell’Institute for Scientific Information on Coffee (ISIC) su 4.000 consumatori in 10 Paesi europei ( http://coffeeandhealth.org/ ): 7 europei su 10 ritengono di seguire uno stile di vita salutare, ma più di metà degli intervistati non conosce quali benefici possano derivare dal consumo di questa bevanda.
“L’alimentazione, i liquidi e l’esercizio fisico sono essenziali per il mantenimento di uno stato di benessere. 400mg di caffeina da varie fonti, l’equivalente di 5 tazzine di caffè al giorno, è coerente con uno stile di vita sano ed equilibrato” ha sottolineato Patrick Hoffer.
Eppure la conoscenza pubblica degli elementi che fanno parte di uno stile di vita sano è limitata e il 76% degli Europei intervistati dall’ISIC ha ammesso di aver bisogno di maggiori informazioni su salute e benessere.
Il caffè è la bevanda più studiata al mondo e i suoi molteplici effetti sull’organismo e le rinnovate scoperte continuano a stupirci.
A questo proposito il professor Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista dell’Università Campus Biomedico di Roma, ha precisato: “Oltre ai ben conoscuti effetti della caffeina contenuta nel caffè sullo stato di vigilanza e concentrazione e sulle performace fisiche (resistenza), tra i vari fronti della ricerca uno certamente molto soprendente è quello relativo al nostro “secondo cervello”, l’iIntestino. Infatti si è scoperto che l’intestino possiede numerosissimi recettori del gusto amaro, che inviano segnali al cervello per ridurre l’appetito e rallentare lo svuotamento gastrico. Il caffe, ricchissimo di sostanze amare, potrebbe rivelarsi anche attraverso questa via un importante alleato della salute”[1].
Su questo tema il professor Piretta ha precisato che “Da alcuni anni la ricerca scientifica ha infatti permesso di scoprire l’esistenza dei recettori del gusto lungo tutto il tratto intestinale e perfino sul pancreas. In particolare sono stati osservati i recettori del gusto dolce, del grasso e del gusto amaro. I recettori del gusto amaro sono decisamente più complessi e articolati, tanto da avere un famiglia di oltre 25 geni deputati alla loro espressione”.
“Recenentemente – ha aggiunto Piretta – si è messa in relazione la stimolazione di questi recettori con la produzione di alcune sostanze (come il GLP-1, Glucagon-Like Peptide-1 e la CCK, colecistochina, ormone gastrointestinale) che notoriamente agiscono a livello del sistema nervoso centrale riducendo l’appetito e a livello gastrico riducendo la velocità del suo svuotamento”.
I benefici del caffè non sono legati strettamente solo ad aspetti salutari e fisiologici, ma rappresentano una fonte di piacere da scoprire quotidianamente. La preparazione e il consumo di caffè regalano un’esperienza multisensoriale che nasce dalla combinazione dei sensi della vista, dell’olfatto, del gusto e del tatto.
L’esperienza è influenzata anche dalla temperatura e dal contesto in cui si consuma il caffè e si propaga fino alla fruizione.
Essa inizia dall?aroma che si sprigiona con l’apertura del contenitore, fino agli stimoli visivi durante la preparazione, inclusi il colore del caffè e la presenza di crema o schiuma.
Probabilmente l’esperienza sensoriale di gustare una tazzina di caffè inizia nel momento in cui entrando in un bar si sente il suono di una macchina da caffè che, come suggerito da recenti ricerche, giocherebbe un ruolo fondamentale nel rapporto giornaliero del cliente con i prodotti, spesso influenzandone i processi cognitivi, le emozioni e il comportamento. Prove aneddotiche suggerirebbero inoltre che la percezione dell’aroma del caffè possa avere un impatto sulla concentrazione, scatenando anche emozioni ed evocando ricordi.
“L’esperienza sensoriale di bere una tazzina di caffè è uno degli aspetti chiave della bevanda e regala aromi, gusti e sapori unici. Il tipo di caffè, il grado di tostatura e il metodo di preparazione influenzano l’esperienza sensoriale del caffè nel suo complesso.
Ma anche altri elementi quali il contesto e il tipo di tazza contribuiscono a influenzare l’esperienza. L’aroma del caffè si sprigiona dai diversi composti volatili prodotti durante la tostatura. I lipidi del caffè, che rappresentano circa il 10% nei chicchi di caffè tostati, contengono la maggior parte del sapore” ha detto Luigi Morello, Responsabile MUMAC Academy.
Un’ampia letteratura scientifica dimostra che il caffè rientra pienamente in uno stile di vita attivo e in un’alimentazione corretta e bilanciata ( http://www.coffeeandhealth.org ).
“Le evidenze scientifiche ad oggi suggeriscono anche che un moderato consumo di caffè per tutta la vita può rallentare il fisiologico declino cognitivo legato all?età, riducendo inoltre il rischio di malattie neurodegenerative (come ad esempio il morbo di Alzheimer e il morbo di Parkinson), il rischio di diabete di tipo 2 e di una serie di malattie del fegato” ha detto Andrea Poli presidente del NFI, Nutrition Fundation of Italy.
Che ha aggiunto: “Sul fronte della ricerca sui tumori, dopo l’ultima revisione IARC – come riportato dall’Institute for Scientific Information on Coffee (ISIC) ? oltre 500 studi epidemiologici in America, Europa e Giappone hanno indagato il possibile legame tra consumo di caffè e rischio di sviluppo del cancro”.
“In particolare – ha concluso l’epidemiologo – , una recente meta-analisi di 40 studi su oltre 2 milioni di partecipanti tra Europa, Nord America e Asia ha evidenziato che il consumo di caffè non è correlato ad un aumento dei rischi di sviluppo di tale malattia e anzi, per alcune tipologie di cancro, il consumo di questa bevanda risulterebbe associato ad una diminuzione del rischio”.
Sono seguiti assaggi di caffè con degustazione sensoriale sensoriale a cura di Luigi Morello.
La terza onda: il gusto del caffè non sarà più quello di prima?
«Ci prendiamo un caffè al volo?». Quante volte abbiamo scambiato questa frase con colleghi e amici? Per il nostro modo di intendere il caffè, il fatto di bersi una tazzina al bancone in una manciata di secondi è del tutto normale.
Ma esiste un mondo di amanti del caffè per cui una domanda del genere suonerebbe a dir poco strana.
È il popolo della cosiddetta third wave of coffee, letteralmente la ?terza ondata del caffè?, un fenomeno che fa della scura bevanda fumante la protagonista di un?esperienza sensoriale, da vivere con calma e, soprattutto, da valorizzare in tutti i passaggi che portano il chicco di caffè dalla pianta alla tazza.
La third wave of coffee nasce all?inizio del nuovo millennio nei paesi anglosassoni e scandinavi, per arrivare, con l?onda lunga caratteristica di ogni rivoluzione, nelle cucine della Casa Bianca, nei locali hipster di Berlino e nelle carte dei secessionisti caffè viennesi.
Su di essa sono stati scritti articoli, girati documentari e servizi in tv, e oggi l?ondata è arrivata ad affacciarsi timidamente anche nel paese che si considera la patria del buon caffè. L?Italia, appunto.
CHE COS?È E COME NASCE
Una definizione che ben racconta questo nuovo modo di intendere il caffè è riportata sul sito Il caffè espresso italiano:
«I chicchi provengono da fattorie invece che da nazioni, la tostatura serve a tirar fuori i migliori aromi più che a carbonizzare i peggiori e ogni tazzina ha un sapore pulito, duro e puro».
Il termine third wave of coffee fu coniato nel 2002 da Trish Rothgeb, un tostatore norvegese che lo utilizzò in una newsletter destinata all?associazione Speciality Coffee Association of America.
Il termine è nato dalla convinzione che i consumatori di caffè nel Nord Europa e nei paesi anglosassoni siano passati attraverso diverse fasi di approccio alla bevanda.
La prima ondata, caratterizzata da una scarsa attenzione alla qualità, è stata quella dominata dai prodotti solubili: il caffè era un bene di prima necessità, buono per espletare soprattutto la funzione di sveglia mattutina.
Le abitudini dei consumatori sono cambiate con l?avvento delle catene di caffetterie ? Starbucks in primis ? che hanno trasformato l?assunzione di caffè in un?occasione di condivisione: la caffetteria diventa un luogo di incontro, dove si trascorre il tempo libero e anche quello lavorativo, con il caffè come contorno. È la seconda ondata.
Per quanto riguarda la terza ondata, invece, ci troviamo di fronte alla ricerca di un caffè che potremmo definire artigianale sotto ogni punto di vista.
Una rivoluzione che va a investire il sistema caffè in maniera totale, dal produttore al consumatore finale. Tutti i passaggi della filiera sono importanti, a partire dal terroir della zona di produzione fino alla scelta della varietà e dell?eventuale blend, che condiziona a sua volta la tostatura e la preparazione finale.
In questo processo, diventa fondamentale il ruolo delle microroasteries, le torrefazioni che selezionano direttamente i chicchi e si appoggiano alla propria caffetteria, solitamente collegata all?attività.
Cambiano i macchinari e le modalità in cui il caffè viene proposto a un pubblico disposto a pagare un prodotto che racconti una storia. La differenza sta anche nel gusto, diverso a seconda del metodo di estrazione scelto: dal classico espresso fino a modalità nuove o rispolverate dal passato, come chemex, un filtro in vetro e legno in cui il caffè viene estratto per percolazione, french press e syphon.
LA VIA ITALIANA
Sul tema caffè l?Italia è un paese difficile (siamo tutti grandi esperti, no?), come dimostra il polverone mediatico sollevato al solo annuncio dello sbarco di Starbucks a Milano, poi non avvenuto.
Il caffè della third wave è frutto di una scelta consapevole
Ci sono due principali resistenze al nuovo approccio, strettamente collegate. La prima è di natura sociale, e risiede nel fatto che l?assunzione di caffè risponde a precise regole non codificate. Il caffè si beve alla mattina per svegliarsi, al bar per una pausa, dopo pranzo e talvolta anche dopo cena.
In tutte queste occasioni si tratta di un gesto automatico e la miscela è quasi sempre la stessa. Il caffè della third wave è invece il frutto di una scelta consapevole, come la decisione di stappare una determinata bottiglia di vino in una determinata occasione o in abbinamento a una portata e/o a un piatto specifico.
La seconda resistenza è di natura culturale. Nonostante il tessuto capillare di torrefazioni e microtorrefazioni presenti nel nostro paese (ce ne sono circa 800), solitamente rimaniamo legati al caffè che abbiamo sempre consumato, senza sentire il bisogno di sperimentare prodotti diversi. Pur essendo forti consumatori, la conoscenza del mondo del caffè è paradossalmente molto poco diffusa.
Se da un lato stimolare la conoscenza del settore cavalcando la third wave potrebbe portare vantaggi alle torrefazioni locali, dall?altro offrirebbe ai consumatori la possibilità di riappropriarsi di un gesto di natura culturale.
L?atmosfera di condivisione e piacevolezza tipica dei bar italiani ? che d?altro canto aveva ispirato proprio la nascita di Starbucks ? oggi è difficile da assaporare a causa della frenesia che caratterizza le nostre vite. La third wave of coffee potrebbe diventare lo spunto per sperimentare un vecchio-nuovo modo di rilassarsi, di stare insieme, o semplicemente di passare il tempo